venerdì 22 aprile 2022
Arduino Paniccia (Asce): «La Cina è preoccupata ma non uscirebbe mai allo scoperto. Se Zelensky chiede solo armi, l’Europa non sta offrendo il campo a proposte di più ampio respiro»
Arduino Paniccia

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Svanita l’illusione di una “Blitzkrieg” e della caduta del governo di Kiev, da qualche giorno la Russia ha avviato la «fase 2» puntando su Donbass e Crimea.

Arduino Paniccia, presidente della Scuola di guerra economica e competizione internazionale di Venezia (Asce), nemmeno l’avanzata nel Donbass pare più agevole per l’esercito russo. Concorda?

La «fase 2», guidata dal generale Dvornikov, dovrebbe portare sotto il controllo russo l’area da Kharkiv alla costa del Mar Nero con un’offensiva tradizionale. La Russia sta incontrando ostacoli: la resistenza ucraina, ma anche la difficoltà di avanzare con armi pesanti e carri armati lenti, con una strategia che definirei da Seconda guerra mondiale. Mariupol ha resistito incredibilmente a lungo mentre la nebbia sulle operazioni russe sembra riguardare tutto il territorio ucraino: poco credibile l’appuntamento per la parata del 9 maggio come sigillo di una vittoria.

L’affondamento del Moskva quale realtà ha disvelato sulle forze armate russe?

L’aeronautica dimostra ancora una certa possanza, mentre l’esercito e la marina sono in difficoltà. L’affondamento del Moskva, di forte impatto, è avvenuto, a mia parere, con un coinvolgimento logistico delle basi Nato in Romania. Questo ha mostrato pure una défaillance nell’intelligence russa: l’episodio ha scatenato vendette sul campo contro i civili che hanno aggravato l’immagine dell’esercito russo. La strategia lenta e l’avvicendamento nella catena di comando non possono non aver inciso sul morale dei soldati russi, probabilmente non motivati e in condizioni logistiche da guerra dimenticata. Guardiamo poi alle perdite russe stimate dalla Nato: 40mila uomini morti e feriti, 750 carri armati, 2000 blindati, 158 aerei: sono numeri da Seconda guerra mondiale benché occultate all’opinione pubblica russa. Insomma, la convinzione che bastasse metttere in campo l’apparato militare per sedare qualsiasi opposizione ucraina è stata smentita da una forte incapacità del sistema militare russo.

Ma questo continua chiedere armi all’Occidente da parte di Zelensky non afferma una inquietante ottica bellicista?

Certo, perché è monca una parte del negoziato. Sapendo che l’Ucraina è in una terribile trincea le grandi potenze dovrebbero lanciare una iniziativa per arrivare a un cessate il fuoco o a una tregua per avviare la stabilizzazione. Compito morale delle potenze è di occuparsi anche di crisi drammatiche per ristabilire un equilibrio. L’Europa, in questo, è ancora piuttosto carente. Zelensky è su una posizione drammatica: vita o morte. Ma l’Europa potrebbe fare molto, molto di più.

In che modo?

La Cina, sicuramente preoccupata per l’impatto sui suoi commerci con l’Occidente, è alleata di Mosca nel Gruppo di Shanghai: per questo non uscirebbe mai allo scoperto con una proposta che potrebbe essere rifiutata non solo dagli Usa, ma anche dall’Ue. Germania, Francia e Italia, Paesi leader dell’Ue, devono agire per compensare questa «guerra alle porte»: abbiamo una classe diplomatica, proposte da fare e un alleato a Washington con cui parlare. L’Ue non è incisiva, non sta offrendo il campo a un ampio spettro di proposte che compensino l’unicità della richiesta ucraina. Russia e Ucraina posso mettersi a discutere sedute attorno a un tavolino, ma non può essere Zelensky a ristabilire un equilibrio nell’Europa dell’Est, ristabilire un equilibrio in un un conflitto che sta spaccando la globalizzazione in autocrazie e democrazie. Destabilizzato per anni il Mediterraneo, destabilizzati i Balcani, destabilizzato ora l’Est, c’è un ruolo storico dell’Europa: la rispsota non può essere solo la fornitura degli armamenti. Per questo si deve correre qualche rischio con la Nato: il futuro assetto diplomatico chiederà una differenziazione fra mezzi di difesa e gli assetti diplomatici e i problemi economici.

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