sabato 19 novembre 2022
Una missione dell’Alto commissariato per i diritti umani segnala maltrattamenti e torture da parte russa, ma anche in forma sporadica ucraina.
La popolazione che ha resistito per mesi a Kherson ora si interroga sul futuro della città

La popolazione che ha resistito per mesi a Kherson ora si interroga sul futuro della città - Ansa

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Fiaccati da una tenace controffensiva, i generali russi continuano nei colpi bassi. Non si fa in tempo a riparare una stazione elettrica che i missili ne sfasciano un’altra. E così anche per i centri di distribuzione del gas. Ne fanno le spese milioni di civili e centinaia di prigionieri di guerra, contro cui si sfoga la frustrazione di chi sul campo miete insuccessi. La conferma alle tante voci di questi mesi arriva da un raccapricciante rapporto delle Nazioni Unite. Un campionario di abusi e sevizie che sono il marchio del disonore.

«Purtroppo la Russia continua a colpire le infrastrutture civili critiche dell’Ucraina. Quasi la metà del nostro sistema energetico è disattivato», ha dichiarato il primo ministro Denys Shmyhal, mentre infuriano pesanti combattimenti nelle aree a Est e a Sud. Anche a ridosso di Kherson, la città liberata dove folle affamate assaltano i Tir con gli aiuti alimentari e a poca distanza, oltre la riva opposta del Dnepr, gli scontri sono sempre più ravvicinati. Nel buio del blackout elettrico si moltiplicano gli incidenti stradali, i pedoni travolti dalle auto, perfino gli incendi nelle case a causa dei fuochi accesi per ripararsi dal gelo mentre fornelli e termosifoni restano spenti. Il commissario per i diritti umani del parlamento ucraino, Dmytro Lubinets, ha pubblicato un video delle torture inflitte dalle forze russe.

Accuse a cui la Mosca ha risposto facendo circolare un video, girato nel Donbass ma in un luogo e in una data imprecisati, in cui si vedono i soldati di Kiev catturare una decina di uomini messi a terra a faccia in giù, quando improvvisamente un russo prende a sparare provocando la reazione dei soldati ucraini. Il filmato, registrato da un soldato ucraino e non si sa come pervenuto a Mosca, prosegue poi con una serie di immagini prelevate da un drone russo, presumibilmente russo, che dall’alto inquadra i dieci uomini immobili e in una pozza di sangue. L’agenzia Reuters ha scritto che non è stato possibile verificare in modo indipendente il contenuto del filmato, su cui l’Ufficio Onu a Kiev ha avviato approfondimenti.

Mosca nega che le sue truppe attacchino deliberatamente i civili o che abbiano commesso atrocità. E accusa i soldati di Kiev di avere deliberatamente ucciso dieci russi catturati e disarmati. Ogni guerra ha un lato oscuro, quel dietro le quinte che i comandanti preferiscono non venga mai illuminato. Perché la sorte dei prigionieri di guerra può generare desiderio di rivalsa, ma più spesso deprime il morale di chi sta in prima linea e delle opinioni pubbliche e delle tifoserie a casa. Ma è anche da come vengono trattati i nemici catturati che si possono prendere le misure ai mandanti politici e agli esecutori con le stellette.

La missione di monitoraggio dell’Ufficio Onu dell’Alto commissario per i diritti umani (Ohchr) ha documentato le condizioni dei campi di internamento. Ieri ha anche esaminato i video in rete sull’esecuzione di 10 soldati russi. Gli specialisti in precedenza avevano intervistato, solo dopo la loro liberazione, 159 prigionieri di guerra (139 uomini e 20 donne) detenuti dalla Federazione Russa e da gruppi armati affiliati, e 175 prigionieri di guerra (tutti uomini) catturati dall’Ucraina. Con una differenza: Kiev ha permesso agli esperti di visitare i detenuti direttamente nelle prigioni, Mosca non lo ha invece consentito, costringendo i ricercatori a svolgere interviste solo dopo il rilascio e impedendo di svolgere sopralluoghi nelle carceri. Sono anche state «documentate le violazioni commesse da agenti statali ucraini», accusati di «sporadici casi di tortura».

Le forme più diffuse di tortura commesse dai russi sono le percosse a mani nude, «di solito indossando guanti tattici», e poi «manganelli o martelli di legno, calci in varie parti del corpo, solitamente evitando la testa e altre zone vitali». Sono state utilizzate anche scosse elettriche, sia con la pistola taser che con «il cosiddetto telefono militare da campo Tapik TA-57» da cui far passare elettricità direttamente sul corpo. Le tecniche non sono sconosciute: «Hanno attaccato fili ai miei genitali e al naso e mi hanno scaricato la corrente», ha raccontato un ex detenuto che ha ancora sul corpo i segni dei ripetuti choc.

Non mancano i rimproveri a Kiev per «sporadici casi di tortura» e maltrattamenti, «per lo più durante la cattura iniziale, i primi interrogatori o lo spostamento verso campi di transito e luoghi di internamento». I combattenti delle forze armate russe o ad esse affiliate «hanno lamentato violenze fisiche nei loro confronti, come pugni in faccia, pugni e calci al busto dopo essersi arresi e durante i primi interrogatori da parte delle forze armate ucraine». Ci sono stati casi di prigionieri feriti con armi da taglio «o sottoposti a scosse elettriche».

Durante il tragitto dal punto di evacuazione a un campo di transito, «l’auto si è fermata a sette o otto posti di blocco e a ognuno di essi - ha raccontato un prigioniero russo - i soldati che ci accompagnavano hanno offerto ai militari del posto di controllo la possibilità di picchiarci. Alcuni hanno accettato e ci hanno preso a pugni».

La sequenza di abusi, sevizie, finte esecuzioni, privazioni inflitte dai militari di Mosca è interminabile. Talvolta le torture vengono eseguite senza sporcarsi le mani. «In alcuni casi – si legge ancora – i prigionieri avevano solo da 45 secondi a 2 minuti per mangiare, compreso cibo molto caldo che gli avrebbe bruciato la bocca e la gola». Nessun riguardo neanche per le soldatesse, sottoposte a scosse elettriche e minacciate di violenza sessuale. In un campo a Donetsk, nel Donbass, alcune prigioniere di guerra «sono state costrette a spogliarsi e a camminare nude da una stanza all’altra per fare la doccia». Erano spesso costrette a camminare piegate «mentre venivano picchiate dalle guardie con i manganelli».

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