giovedì 22 dicembre 2022
Il presidente statunitense Joe Biden ha deciso di regalare a Kiev almeno una batteria del suo costoso gioiello
Un sistema di lancio del missili Patriot schierato sul campo

Un sistema di lancio del missili Patriot schierato sul campo - Ansa

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L’Ucraina sotto attacco missilistico avrà finalmente la stessa protezione di cui beneficiò Israele durante la prima guerra del Golfo? All’epoca, gli americani schierarono nel Paese mediorientale l’ombrello protettivo più famoso al mondo: il sistema antimissilistico Patriot, che intercettò quasi tutti gli Scud sparati dall’artiglieria di Saddam Hussein. Sarà oggi il sistema Patriot altrettanto efficace nel difendere Kiev? Promettendo altri quasi due miliardi di nuove armi, il presidente statunitense Joe Biden ha deciso di regalare agli ucraini almeno una batteria del suo gioiello.

Ma siamo sicuri che la mossa sia azzeccata? I russi lanciano quantità impressionanti di missili, che il satrapo iracheno del 1991 si sognava. Potrebbero mandare fuori giri i radar dei Patriot. L’Armata Rossa farà di tutto per colpirli. Dmitrij Peskov, che del Cremlino è il portavoce, anche nei giorni scorsi è stato lapidario: «I Patriot saranno il bersaglio numero uno dei nostri sistemi antiradiazione, perché sono una minaccia immanente e non fanno che peggiorare il conflitto».

Se gli scudi funzionassero, stenderebbero infatti sulla capitale una bolla ermetica contro i vettori russi. Metterebbero fuori gioco anche i sistemi promessi dall’Iran. Come se non bastasse proteggerebbero pure dai cruise, dagli aerei e dai droni. Sono un’arma completa, in costante evoluzione da decenni. Integrandoli, le difese ucraine farebbero un enorme salto di qualità, se non fosse che ci sono tante incognite, a partire dal tempo: servirà almeno un mese, se non due, per insegnare agli ucraini come usarli.

E non è detto che tutto giri a dovere. Occorrerà proteggere gli scudi con difese stratificate, integrate al massimo. E le contromisure dell’avversario sono temibili. Ogni sistema Patriot è immobile. Presta il fianco all’osservazione: occupa un sacco di terreno (un chilometro quadrato), perché abbina radar, posti di comando e lanciatori. Emette un’infinità di onde elettromagnetiche, facile preda degli aerei che Mosca ha inzeppato di sensori (Il-20 Coot tra tutti). Anche i satelliti e i droni hanno orecchie copiose. Battono metro su metro ogni angolo ucraino. E sono complementari agli incursori a terra che, pattugliando di soppiatto, rappresentano un’ulteriore risorsa per mettere in moto la reazione.

A quel punto, entrerebbero in azione i jet. Basterebbe loro decollare dagli aerodromi bielorussi, senza avventurarsi in Ucraina: a fare il lavoro sporco ci penserebbero i Su-35 e i missili Kh-31 da oltre 200 chiloemetri di raggio, accompagnati da droni-kamikaze, cruise e ordigni balistici. Persi i radar, i Patriot sarebbero del tutto impotenti. Fornirli all’Ucraina significa pertanto andare incontro a possibili fallimenti, scatenando una lotta impari fra lo scudo e la spada.

Tentare di proteggere la capitale vale però la scommessa. È la stessa logica all’opera da anni in Israele e in Arabia Saudita, con antimissili da un milione di dollari che fanno l’impossibile per parare minacce da poche migliaia di quattrini. Speriamo che alla fine Biden ci abbia visto giusto e che i Patriot salvino vite, spingendo i russi ad allentare la presa. I presupposti non sono però dei migliori. Con Zeklensky che non sembra accontentarsi, visto che chiederà a Biden anche missili a lungo raggio Atacms e i droni Grey Eagle e Reaper.




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