martedì 26 aprile 2022
I giovani sono scappati dal Donbass sotto attacco. Ora tanti vecchi temono l’ignoto più delle bombe russe. Il lavoro prezioso dei volontari di HelpAge
Una volontaria di HelpAge con un'anziana ucraina che non ha voluto abbandonare la sua casa

Una volontaria di HelpAge con un'anziana ucraina che non ha voluto abbandonare la sua casa - HelpAge

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«Se scoppia la guerra, rimarrò a casa. C’è una cantina nel mio cortile, ma comunque non sarò in grado di raggiungerla. Spero che i miei vicini non mi abbandonino», confidava la signora Lydia, 86 anni, ai volontari della Ong HelpAge International nell’Est del Paese, pochi giorni prima dell’inizio dell’invasione russa, il 24 febbraio.

A due mesi di distanza, mentre le ostilità che hanno sconvolto l’Ucraina puntano ora a scaricare la loro furia sul Donbass, sono ancora molti gli anziani che risiedono in questa regione. Una settimana fa, i sindaci delle città di Kramatorsk e Slovyansk riferivano che oltre il 70% dei residenti era già fuggito, ma che molti di coloro ancora nell’area erano anziani.

Lo conferma lo staff ucraino di HelpAge rimasto ad operare sul terreno, come fa dal 2014, per assistere gli anziani lungo la “linea di contatto” che separa i territori delle forze separatiste e da quelli del governo nelle regioni di Donetsk e Lugansk. I volontari di HelpAge sanno bene che molti anziani potrebbero non essere in grado di andare via e che, rimanendo lì, potrebbero non trovare riparo, confinati a letto o in carrozzina.

Molti vivono soli, in una regione da cui i giovani sono andati via già da un pezzo, lontano dalla paralisi economica di una guerra che, pur a bassa intensità, deprimeva il Donbass dal 2014. Lo scorso anno l’Oms riferiva che aveva più di 60 anni il 41% della popolazione negli insediamenti isolati lungo la “linea di contatto” sul versante ucraino. Nel 2020, l’Ufficio Onu per gli affari umanitari (Ocha) stimava che il 32% dei destinatari di assistenza umanitaria in Ucraina era costituito da over 60, la percentuale più alta tra le crisi attive al mondo.

«Alcuni anziani iniziano a lasciare il Donbass, ma la maggior parte rimane. Restano a casa loro perché non hanno scelta, non ce la fanno per difficoltà motorie, per la salute compromessa. Ma c’è anche chi sceglie di non evacuare. Il loro legame con questa terra è forte, lasciarla è troppo penoso. L’ambiente domestico appare più sicuro se paragonato a una partenza verso l’ignoto», ci spiega la responsabile del programma di HelpAge Ukraine nell’Est. Chiede di non menzionare il suo nome per sicurezza, ora che le operazioni militari russe si vanno concentrando sulle regioni orientali.

Con l’obiettivo di conquistare le intere oblast di Donetsk e Lugansk (che i ribelli filo-russi occupavano già per un terzo), le truppe di Mosca conducono offensive di terra a Rubizhne, Popasna e Marinka, in direzione Slovyansk. In quest’ultima erano situati gli uffici di HelpAge, ora trasferiti a Leopoli.

Sul terreno restano 111 operatori che proseguono il lavoro. «Di solito siamo in 61 insediamenti, ma 24 ora si trovano nel territorio non controllato dal governo e sotto bombardamento», prosegue la responsabile. «Nonostante le sfide, continuiamo a supportare oltre 2.400 anziani. Cibo, acqua e medicine, assorbenti per l’incontinenza, di questo hanno bisogno, in particolare nelle aree isolate».

Nei casi, invece, in cui le partenze avvengono, HelpAge sostiene evacuazioni dignitose dalle case di riposo, all’interno di una rete che coinvolge rappresentanti dei ministeri e altre Ong. «Con l’evacuazione degli ospizi, il nostro personale aiuta a garantire che le strutture allestite a Dnipro siano idonee all’accoglienza».

Per molti, lasciare le mura domestiche pare impensabile malgrado i combattimenti si avvicinino. Finire sotto i colpi di artiglieria, però, non è l’unico terrificante rischio per chi resta. L’isolamento, la mancanza di assistenza sanitaria, il fatto di rimanere senza soldi non potendo ritirare una pensione spesso già insufficiente, rendono il quadro ancora più cupo.

«La nostra rete di volontari continua nella distribuzione di acqua e pane, ma anche nel supporto emotivo quando le connessioni telefoniche lo consentono», conclude la coordinatrice. «Raggiungono al telefono anziani isolati, in modo che abbiano qualcuno con cui parlare». Anche una voce dall’altro capo del ricevitore, quando si vive tagliati fuori dal mondo, fra i boati della guerra, può essere di grande aiuto per andare avanti.

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