
Una famiglia di sfollati salvata a Kherson - Reuters
«Like a zombie», farfuglia il giovane soccorritore giunto da Odessa con la sua canoa gialla. Depone la pagaia e controlla che non ci siano falle. «Sembrano zombie», ripete a bassa voce dopo aver fatto sbarcare nell’improvvisata laguna di Kherson i doppiamente fuggiaschi: dall’inondazione e dall’occupazione russa.
Olena, coperta di fango e di rabbia, non vuole dire molto. Solo che odia i russi, tutti i russi. «Anche le loro madri, soprattutto le loro madri, perché quelle cose non le fai se tua madre ti avesse insegnato», dice invitando a chiedere a Dmytro perché lei non vuole parlarne. «Quelle cose» non potranno dimenticarle mai. Olena ha guadato il fiume affondando i passi nei campi di patate, approfittando del buio per scappare dal lato occupato e provare a raggiungere la sponda liberata. Non è la sola ad avercela fatta. Dice che quando la terra riemergerà «non basteranno i cimiteri». E vorrebbe vedere affogati nella melma «quelli che di sera cercavano le ragazze», anche se difficilmente sono annegati, «perché prima che l’acqua entrasse in casa loro si erano allontanati dal villaggio e noi pensavamo che scappavano». Quella sera qualcuno esclamò un liberatorio «nasci!», che vuol dire «i nostri». E pensarono che le forze ucraine stessero arrivando e i russi stessero scappando. Invece nell’inatteso silenzio della battaglia hanno sentito solo lo sciabordio del fiume che saliva fino al fienile.

In fuga dall’inondazione a Kherson - Scavo
Dopo la frattura nella grande muraglia fatta costruire da Stalin nel 1941, l’orografia ha invertito il paesaggio. Più a sud il livello dell'acqua nel bacino idrico di Kakhov nell'area di Nikopol è salito di 10,31 metri, e a Nord nello stagno di raffreddamento della centrale nucleare di Zaporizhzhya è sceso di quasi 17 metri. Per Energoatom, l’azienda di Stato ucraina che gestisce le quattro centrali nucleari attive, «è abbastanza per soddisfare le esigenze della stazione», riferisce mentre attende che Rafael Grossi, il capo dell’agenzia Onu per il nucleare (Aiea), si rechi nella centrale occupata dai russi per verificare quale sia il livello di rischio in questi giorni. Circa 3.600 case in 31 insediamenti sono ancora allagate sulla riva destra del fiume Dnepr, controllata dall'Ucraina. Il governatore della regione di Kherson, Oleksandr Prokudin, fa sapere che il livello dell'acqua, che in città aveva punte di 6 metri, è sceso di 27 centimetri e che negli ultimi giorni solo 200 abitazioni non sono più assediate dal fiume tracimato. E, sempre ieri, l’Ispettorato statale per l’ambiente ha segnalato «casi di colera ed Escherichia coli nelle aree inondate».

Un anziano salvato da un villaggio allagato - Scavo
Le cannonate provenienti dal lato russo non si fermano e in più occasioni hanno provocato feriti e minacciato i difficili soccorsi. Da Mosca rivolgono analoghe accuse a Kiev, la cui artiglieria è sospettata accusata di aver sparato nei pressi di alcuni centri di assistenza temporanea con missili “Scalp” di fabbricazione francese. I rottami sono stati mostrati in alcuni video raccolti dal corrispondente dell'agenzia di stampa russa Ria Novosti, che ha intervistato alcuni civili feriti e mostrato i resti del missile che gli sono stati forniti dai militari russi. All’alba di ieri una serie di nuovi attacchi missilistici russi sono stati scongiurati dalla contraerea ucraina, che non è però riuscita a proteggere Kryvyi Rih, la città natale del presidente Zelensky nella quale il leader ucraino si era recato rientrando dalla visita nella regione allagata di Kherson. Da quando l’aggressione armata di Mosca ha avuto inizio, l’esercito russo regolarmente colpisce entro pochi giorni le località visitate dal presidente ucraino. I morti accertati sono undici, 25 i feriti «ma ci sono persone sotto le macerie», ha reso noto il capo della locale amministrazione militare. La controffensiva procede su più fronti. Le perdite delle forze ucraine nella controffensiva «si avvicinano ad essere catastrofiche» ha affermato ieri Vladimir Putin secondo cui le truppe ucraine avrebbero perso oltre 160 carri armati e quelle del Cremlino 54.
Intanto i sabotatori anti-Putin continuano a colpire le città russe sul confine, dove potrebbero arrivare i rinforzi dei ceceni di Kadyrov. Più a sud le forze armate ucraine hanno liberato sette insediamenti nell'ultima settimana, ha dichiarato il vice ministro della Difesa Hanna Maliar, secondo cui l'esercito ucraino è avanzato di 6,5 chilometri e ha riconquistato 90 chilometri quadrati di terra. In particolare, nell'area di Bakhmut, Kiev ha ripreso di 1,5 chilometri sul fianco sinistro e di 3,5 sul fianco destro. Se le rispettive propagande assicurano una vittoria anche al prezzo di «enormi sacrifici», cioè di migliaia vite umane perdute e altre irrimediabilmente compromesse, da una parte e dall’altra si fanno i conti con la realtà. Al momento né Mosca (che voleva tutto il Donbass, il sud fino a Odessa, e si era spinta fino alla capitale ucraina) né Kiev (che promette di riprendere ogni centimetro del Paese, Crimea compresa) sono in grado di raggiungere entro i prossimi mesi gli obiettivi dichiarati. La leadership ucraina, tuttavia, sembra puntare sulla motivazione dei combattenti, sul sostegno della popolazione, e la crescente paura delle prime linee russe. I soldati di Mosca catturati, come confermano le immagini dai droni, hanno raccontato di aver preferito arrendersi e consegnarsi, perché alle loro spalle i commilitoni hanno ricevuto l’ordine di uccidere chi arretra. I filmati nelle chat sono raccapriccianti: si vedono i fanti di Mosca della prima linea deliberatamente falciati dal “fuoco amico”.
La Difesa di Mosca ha ripetuto le affermazioni dei giorni scorsi, secondo cui avrebbe respinto i tentativi di offensiva nelle regioni di Donetsk e Zaporizhzhia (dove un missile avrebbe però ucciso il generale russo Sergeij Goiryachev), e ha dichiarato di aver colpito le riserve dell'esercito ucraino con missili a lungo raggio. Informazioni per la prima volta smentite da importanti blogger militari russi che hanno invece rimproverato il caos della fanteria russa che ha consentito la presa di alcuni villaggi favorendo l’apertura di varchi verso sud.
L'Istituto per lo Studio della Guerra, con sede negli Stati Uniti, sostiene che l'Ucraina stia tentando «un'operazione tattica straordinariamente difficile: un assalto frontale contro posizioni difensive preparate per tempo, complicato dalla mancanza di superiorità aerea». Il generale Ben Hodges, ex comandante delle forze Usa in Europa, prevede che l'attacco principale avverrà con unità corazzate ora nelle retrovie. Un contesto molto arduo, ma la mediazione del Vaticano per la pace va avanti: «La missione continuerà come previsto. Ci incontreremo» con il Papa «per definire i dettagli della prossima tappa di Mosca» ha dichiarato il cardinale Matteo Zuppi. Nei giorni scorsi il segretario di Stato Vaticano cardinale Pietro Parolin non ha escluso che Zuppi a Mosca possa incontrare anche il Patriarca di Mosca Kirill.