giovedì 13 novembre 2008
In azione banda di giovani di 16-18 anni. «È stata un'azione mirata guidata da un'organizzazione criminale che vuole allontanare i fedeli dalla città»
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Ragazzini. Avevano 16-18 anni gli assassini che ieri hanno ucciso due sorelle cristiane a Mosul, in Iraq. Una vera e propria esecuzione mirata, che segna un'altra tappa di sangue nel martoriato Paese e che racconta anche qualcosa di più (e di peggio) se è vero, come hanno riferito fonti ad AsiaNews, che ad agire sono stati ragazzini «provenienti da famiglie povere» e assoldati da un'organizzazione criminale che punta a «cacciare i cristiani dalla città». Tutto è successo nel quartiere di Alqahira: la banda armata ha fatto irruzione nell'abitazione di una famiglia cristiana e ha sparato a sangue freddo sulle due ragazze, uccidendole. La loro madre è stata invece accoltellata: non è in pericolo di vita. Sono riusciti a mettersi in salvo il marito e l'altro figlio, fuggiti al momento dell'assalto. Le vittime sono Lamia Sobhy Salloha e Walàa Sobhy Salloha, della chiesa siro-cattolica di Mosul: lavoravano per il tesoriere della municipalità di Wala. Portato a termine l'assalto, la banda criminale ha piazzato una bomba sulla porta dell'abitazione. L'ordigno è esploso poco più tardi, mentre sul posto giungeva un gruppo di poliziotti, uccidendo due agenti e ferendone altri. «È tutta una questione di potere " hanno raccontato alcune fonti ad AsiaNews " legata alle prossime elezioni per il rinnovo dei consigli provinciali e alla rappresentatività delle minoranze». Minoranze che, ai seggi, potrebbero rivelarsi decisive negli equilibri fra arabi e curdi. Il governo, su invito delle Nazioni Unite, aveva promesso di reintrodurre l'articolo 50 nella legge elettorale, il quale garantiva 15 seggi su 440 alle minoranze, di cui 13 ai cristiani. Lunedì 3 novembre il Parlamento ha approvato la norma senza inserire alcuna modifica, e il Consiglio di presidenza l'ha ratificata, assegnando ai cristiani tre seggi. Una decisione, questa del Parlamento, che peraltro ha amareggiato i vertici della chiesa irachena, i quali hanno più volte denunciato una palese violazione della Costituzione. La situazione, specie nelle zone dove si è radicato l'estremismo islamico, sembra peggiore addirittura degli anni del regime di Saddam Hussein, facendo preferire a molti la fuga all'estero e l'esilio. Alla fine degli anni Novanta erano oltre un milione, sparsi in tutto il Paese e soprattutto al Nord. Ora sono meno di 500mila. «Non ci fidiamo più di nessuno prosegue la fonte di AsiaNews " perché sia gli arabi che i curdi hanno promesso di aiutarci ma non abbiamo ricevuto nessuna risposta concreta». «Questo omicidio fa pensare a qualcosa di organizzato che rientrerebbe in un piano di allontanamento dei cristiani dall'Iraq», ha detto al Sir monsignor Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad. «La situazione sembrava essere tornata quasi tranquilla " ha spiegato il vescovo caldeo ", grazie anche alla presenza dell'esercito, e per questo molte famiglie " circa 700 " erano rientrate in città ed altre stavano pensando di farlo in questi giorni. Ma adesso è tornata la paura e tutto è piombato nel buio più pesto». L'attacco di ieri è solo l'ultimo di una serie di violenze contro la comunità cristiana a Mosul, nel mirino dei fondamentalisti islamici. Dall'inizio di ottobre vi sono stati 16 morti, mentre 2000 famiglie hanno lasciato la città. L'attentato non è stato l'unico che ha insanguinato la giornata di ieri in Iraq. Sempre a Mosul, un soldato iracheno che era di pattuglia assieme alle truppe statunitensi, in seguito a una lite ha aperto il fuoco contro i soldati americani uccidendone quattro. Mentre a Baghdad, un'autobomba e un ordigno posto sul ciglio stradale sono esplosi simultaneamente, provocando la morte di 12 persone e il ferimento di altre 60 nel distretto orientale Nuova Baghdad. Qualche ora prima, un'altra autobomba aveva ucciso 4 persone, ferendone 13, nel distretto settentrionale di Shaab. Gli episodi di violenza in Iraq sono decisamente calati negli ultimi mesi, arrivando al loro livello più basso dall'invasione delle truppe guidate dagli Usa nel 2003. Ma i ribelli hanno dimostrato che possono ancora sferrare in qualsiasi momento attacchi devastanti su larga scala in tutto il Paese.
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