giovedì 17 novembre 2011
​Suor Valsa John, 53 anni, religiosa cattolica dell'ordine della Carità di Gesù e Maria, è stata uccisa a colpi di pistola da un gruppo di persone armate davanti alla sua casa nella regione di Dumka, in India, dove lavorava da oltre vent'anni. Aveva creato un'organizzazione di tribali per fermare l'esproprio di terreni tentato dalle potenti lobby del carbone.
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L’hanno uccisa perché si opponeva alla mafia delle miniere di carbone. Ieri si sono tenuti i funerali di suor Valsa John, delle Suore della Carità di Gesù e Maria, uccisa alle prime ore di mercoledì in circostanze ancora non chiarite nello Stato indiano nord-orientale del Jharkhand. Secondo le ricostruzioni, la religiosa 53enne è stata assassinata durante la protesta di una cinquantina di persone davanti la sua abitazione, probabilmente istigate dalle compagnie minerarie del carbone che in lei avevano trovano una combattiva oppositrice ai loro progetti sulle terre tribali. La sua morte ha interrotto 20 anni di lavoro pastorale svolti perlopiù tra i diseredati e i gruppi minoritari del distretto di Pakur. Ai funerali celebrati nella cattedrale di Dumka hanno partecipato 700 fedeli ed esponenti del clero locali, con alcuni arrivati appositamente dal Kerala, all’estremo Sud dell’India, Stato natale di suor Valsa, che ha dato al paese un gran numero di religiose. Come ha ricordato durante la celebrazione il gesuita padre Varkey Chenna, la religiosa – arrestata nel 2007 per avere guidato la protesta contro l’apertura di una miniera nella regione – «ha dato la vita per Cristo, la sua testimonianza è un invito a porci alla sequela radicale di Gesù Cristo, come veri discepoli». Secondo la testimonianza del Provinciale dei Gesuiti di Dumka, padre Nirmal Raj, tra quelli che più conoscevano l’impegno della suora uccisa – raccolta dall’agenzia Fides – «suor Valsa viveva con i poveri, dava la sua testimonianza cristiana e li evangelizzava, condividendo le loro fatiche e difficoltà. Stava accanto alle comunità tribali più emarginate, i gruppi di etnia Santhal nel distretto di Pakur». La religiosa, ricorda ancora padre Nirmal, «era impegnata soprattutto nel difendere gli indigeni dall’esproprio delle terre ancestrali da parte dalle compagnie minerarie per estrarvi carbone». Un impegno che, secondo il provinciale dei Gesuiti e molti nella regione, le è costato la vita. «Confidiamo – ha detto ancora padre Nirmal – negli investigatori e nel, contempo, siamo pronti a proseguire la sua missione». Come ricordato da monsignor Julius Marandi, vescovo di Dumka, le circostanze dell’aggressione e dell’uccisione non sono chiare e a questo contribuisce l’isolamento in cui viveva la suora, confermato dalla Provinciale della congregazione, suor Lilly Mary. Per gli inquirenti una delle piste seguite nelle indagini è quella delle organizzazioni criminali che sostengono lo sfruttamento dei tribali e il business delle compagnie estrattive. Secondo una nota inviata a Fides dal Consiglio globale dei cristiani dell’India, «la suora era stato più volte minacciata da criminali che l’avevano diffidata dal contrastare l’opera di compagnie come la Panem Limited, e aveva anche avvisato le autorità competenti delle minacce ricevute. Ma le autorità del Jharkhand, che appartengono a partiti nazionalisti indù, hanno ignorato le sue richieste, lasciandola senza protezione». Convinti che l’omicidio abbia radici nell’impegno della religiosa, sono sia la sua famiglia, sia la Chiesa Siro-malabarica indiana, fortemente presente nel Kerala, che ha espresso profondo cordoglio per la morte di suor Valsa.
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