mercoledì 5 giugno 2013
​Non sono bastate le scuse del governo per fermare l'ondata di protesta senza precedenti, in Turchia. Oggi i principali sindacati sono scesi in piazza per protestare per l'uso della violenza contro i manifestanti. Chieste le dimissioni dei capi della polizia.
Fotogallery (dall'inviato Giorgio Ferrari)
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Non sono bastate le scuse del governo per fermare l'ondata di protesta senza precedenti, in Turchia, contro il premier, Recep Tayyip Erdohan: nella notte i manifestanti si sono nuovamente scontrati con la polizia in diverse città.E stamattina i principali sindacati turchi si sono uniti alla protesta contro il governo, contestando i modi autoritari con cui ha gestito la contestazione partita dal Gezi Park a piazza Taksim a Istanbul e l'uso eccessivo della violenza da parte della polizia. Allo sciopero generale indetto in Turchia ieri e oggi dal sindacato Kesk (Confederazion dei sindacati del settore pubblico) ha aderito anche il Disk (Confederazione dei sindacati progressisti) un altro dei più rappresentativi nel Paese.La polizia dialogaHa cambiato strategia la polizia di Ankara, che rispondendo agli appelli alla moderazione formulati da diversi politici e alle scuse presentate dal vice premier, ha deciso di aprire al dialogo con i manifestanti. È quanto riporta il quotidiano 'Hurriyet', che descrive di agenti in piazza Kizilay, nella capitale, impegnati a spiegare ai contestatori che risponderanno solo se attaccati. E proprio in piazza Kizilay la polizia è stata applaudita dai manifestanti per la sua decisione di restare schierata senza intervenire. Precauzione tuttavia inutile: i manifestanti turchi che hanno chiesto al vicepremier, Bulent Arinc, le dimissioni dei capi della polizia di Istanbul e di Ankara, dove la repressione delle proteste è stata violentissima. "I responsabili delle violenze e della repressione devono andarsene", ha riferito un portavoce di un gruppo di manifestanti ai giornalisti.Retata contro chi usa i social networkVentiquattro persone sono state arrestate nella notte a Smirne, in Turchia, con l'accusa di aver "fomentato i disordini e fatto propaganda" su Twitter a sostegno delle proteste degli ultimi giorni. È quanto si legge sul sito web del quotidiano turco Hurriyet, in cui si precisa che altre 14 persone sono ricercate. Secondo il leader locale del partito di opposizione Chp, Ali Engin, le persone fermate sostengono il movimento per un "Paese giusto e libero". "Se questo è un reato - ha detto - allora abbiamo tutti commesso questo crimine".
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