venerdì 6 maggio 2016
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ISTANBUL Caos politico in Turchia. E questa volta a farne le spese è niente meno che il primo ministro Ahmet Davutoglu, ossia colui che fino a poche settimane fa era considerato un intoccabile. L’ormai ex premier si è fatto da parte ieri, dopo avere annunciato il congresso straordinario dell’Akp, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo che detiene la maggioranza in Parlamento. Si terrà il prossimo 22 maggio, subito prima dell’inizio del Ramadan. Nella conferenza che ha seguito la riunione della dirigenza del partito, Davutoglu ha detto: «Non è stata una mia scelta, ma la conseguenza di alcune necessità », specificando chiaramente che si sarebbe aspettato di stare al potere tutti e quattro gli anni previsti dal suo mandato. Le elezioni anticipate per il momento rimangono fuori discussione, almeno per quanto riguarda la dirigenza del partito. Ma secondo alcuni commentatori, il presidente della Repubblica Recep Tayyip Erdogan, sarebbe tentato dal ricorso alle urne per ottenere una maggio- ranza ancora più forte. I rapporti con il palazzo presidenziale erano tesi da tempo. Il capo dello Stato non tollerava la crescente autonomia con la quale l’ex ministro degli Esteri esercitava il suo potere. Troppo filo occidentale, troppo in cerca di una mediazione con l’Europa. Ma soprattutto troppo poco entusiasta del progetto di revisione della Costituzione con il presidenzialismo forte, che garantirebbe a Erdogan un potere pressoché illimitato. Mercoledì sera aveva avuto un lungo e teso incontro proprio con il capo dello Stato, che nel pomeriggio, durante uno speech ufficiale, riferendosi indirettamente all’ormai ex premier, gli aveva chiesto di ricordare come avesse ottenuto il suo posto, ossia grazie alla benevolenza del leader islamico. In poche ore, il capo dello Stato ha deciso di toglierli tutto quello che gli aveva dato e l’unica cosa che Ahmet Davutoglu ha potuto fare è stata farsi da parte, ribadire davanti alle telecamere la sua fedeltà a Erdogan e augurarsi che il prossimo premier «venga scelto per il bene della nazione». I problemi per la Mezzaluna non sono finiti qui. Il premier uscente era molto malvisto dalla dirigenza dell’Akp per la sua carriera fulminante con la quale era passato davanti a molti membri più anziani. Ma negli ultimi anni Erdogan si è allontanato molto dal suo partito e adesso, anche avendo sacrificato il suo ex protetto, trovare un candidato che vada bene a entrambe le parti potrebbe essere quanto mai difficile. Al presidente della Repubblica serve una persona pronta a sostenere il suo disegno presidenziale e disponibile a farsi dettare l’agenda in politica estera. I candidati più papabili al momento sono tutte persone che, come Davutoglu, sono legate a lui da uno stretto vincolo di fedeltà. Ma una parte dell’Akp è da tempo stanca del crescente autoritarismo del capo dello Stato, che al congresso rischia seriamente di vedere coalizzate tutte le correnti contro di lui, anche se questo non dovesse bastare. Ma con la fine di Davutoglu, Erdogan ha voluto fare capire a tutti una cosa: è pronto a riservare lo stesso trattamento a chiunque si metterà di traverso sulla sua strada. © RIPRODUZIONE RISERVATA INSIEME. Recep Tayyip Erdogan e Ahmet Davutoglu (Reuters)
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