venerdì 16 dicembre 2022
A oltre un anno dallo scioglimento del Parlamento da parte del presidente Saied, accusato di «golpe», il voto di domani appare surreale: l’opposizione non si presenta
Nella totale indifferenza si è conclusa la campagna elettorale tunisina, che non ha visto affissi neanche i manifesti dei candidati

Nella totale indifferenza si è conclusa la campagna elettorale tunisina, che non ha visto affissi neanche i manifesti dei candidati - Reuters

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Regna un clima di indifferenza generale tra i 9,3 milioni di tunisini chiamati domani alle urne per le elezioni legislative. La campagna elettorale, iniziata il 25 novembre e terminata ieri, si è praticamente svolta in sordina.

La nuova legge elettorale vieta, infatti, ai partiti di presentare liste, ai candidati di utilizzare media stranieri nella loro campagna elettorale imponendo loro di finanziarsi da soli la pubblicità. Complice poi il fatto che si vota con un sistema uninominale diretto e che tanti partiti chiamano al boicottaggio, la maggior parte dei candidati è pressoché sconosciuta al pubblico.

Pochi persino i manifesti appesi in strada negli appositi spazi, con programmi di carattere esclusivamente locale. Pochissime le donne, 122 sui 1.055 candidati che si contendono uno dei 161 seggi dell'Assemblea.

Nel Paese regna un clima di incertezza politica che fa prevedere un tasso di partecipazione molto basso, simile a quello del referendum costituzionale dello scorso luglio, che fu del 30,5%. Alle urne non si recherà il Fronte di salvezza nazionale (Fsn), una coalizione di partiti dell'opposizione, tra cui spicca il movimento islamico Ennahda. il Fronte contesta quello che considera un «colpo di stato», ossia la deriva autoritaria del presidente Kais Saied da quando ha assunto, il 25 luglio 2021, i pieni poteri, decretando la sospensione del Parlamento e lo smantellamento di altre istituzioni.

Boicottano il voto anche il partito al-Massar (La via democratica e sociale), Attayar (Corrente democratica), Destour (Costituzione) libero, Afek Tounes (Orizzonti della Tunisia), al-Joumhouri (Repubblicano) e il Partito dei Lavoratori che denunciano l'assenza di qualsiasi garanzia per elezioni «libere, pluraliste e trasparenti» e ritengono che la legge elettorale sia incostituzionale e riduca notevolmente il ruolo dei partiti nel Parlamento e nella società.

L'unico partito a difendere il processo elettorale voluto da Saied è il movimento “Harak del 25 luglio”, che ha denunciato nei giorni scorsi una «campagna di denigrazione del processo elettorale» atta a influenzare gli elettori. Il coordinatore generale di Harak, Fathi Hkimi, ha invitato gli elettori a ignorare gli appelli al boicottaggio lanciati dal Fsn e a partecipare in massa al voto, sostenendo che «il successo di queste elezioni e la costituzione di un Parlamento eletto sono l'unico modo per rimettere in carreggiata il Paese e affrontare le sfide economiche, sociali e politiche» del Paese.

Un altro motivo che farà crescere l'astensionismo è il fatto che la nuova Assemblea dei rappresentanti del popolo avrà prerogative limitate. Non potrà, ad esempio, votare la fiducia al governo nominato dal presidente, i cui progetti di legge saranno prioritari. Inoltre, sarà in competizione con un'altra assemblea le cui funzioni non sono ancora chiare.

Come se non bastasse la situazione estremamente complicata, lo scrutinio si svolge in un contesto di grave crisi economica, marcata da una forte inflazione e da continue penurie di prodotti alimentari di base, come la farina e lo zucchero.

Il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha annunciato in ottobre un accordo con la Tunisia per permettere lo sblocco di un prestito di 1,9 miliardo di dollari, in cambio di un programma di riforme che l'esecutivo tunisino deve mettere in atto. Inoltre diversi media locali, a causa della severa legge sulla stampa definita da alcune Ong «liberticida» non seguiranno l'evento, e uno sciopero della radio e televisione pubblica è stato programmato per motivi sindacali proprio per le giornate del voto.

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