mercoledì 10 ottobre 2012
​L'orrendo "dono" è stato bloccato dalla Corte suprema pachistana. Anche in India il fenomeno si sta espandendo.
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Usate come ricompensa da porgere al clan rivale per mettere fine a una faida tribale. Questa la sorte di 13 minorenni decretata dall’assemblea tribale di un villaggio del Pakistan sud-occidentale. I notabili hanno stabilito che le bambine, in età compresa tra quattro e 13 anni potessero essere un compenso sufficiente a risolvere la disputa tra due famiglie per l’omicidio di un capo-clan nel distretto di Dera Bugti, una delle aree più arretrate del paese, nella provincia del Balochistan. Un soluzione tradizionale, quella di fornire mogli per i maschi del clan rivale, a cui nell’occasione si sono aggiunte anche tre milioni di rupie, circa 24mila euro.La gravità del caso, di cui si è occupata la stampa locale, ha spinto le autorità giudiziarie a intervenire e a convocare un deputato nel Parlamento provinciale appartenente a uno dei clan. L’uomo ha negato di avere partecipato all’incontro da cui è scaturito l’accordo, tuttavia l’apertura di un’inchiesta è un segnale incoraggiante in una regione dove abitualmente la legge tribale ha ampia applicazione e quella dello Stato, come pure quella regionale, hanno scarso potere dissuasivo. La Corte suprema del Pakistan ha quindi avocato a sé il caso, dichiarando illegali le sentenze decise dalla giustizia tribale. Resta il fatto che tale decisione non riesce a evitare fenomeni radicati e sovente guardati con tolleranza dalle autorità e dalla polizia.Per quanto riguarda la vicenda di Dera Bugti, ieri il presidente della Corte suprema, Iftikhar Chaudhry ha deciso di aprire un’inchiesta, sia per la pressione dei media, sia per le informazioni raccolte presso le autorità locali. Il vice commissario del distretto, Saeed Faisal, ha testimoniato che il consiglio tribale aveva ordinato lo scambio all’inizio di settembre, negando però di conoscere l’età delle giovani cedute a seguito della trattativa.Al di là del confine orientale del Pakistan, nello Stato indiano di Haryana, alle porte della capitale New Delhi, ancora esponenti dei tradizionali consigli di villaggio (khap panchayat) sono protagonisti in questi giorni di un’altra “sentenza” che riguarda minorenni. Per i notabili locali, è necessario abolire l’età legale per il matrimonio, oggi fissata a 18 anni. «Ragazzi e ragazze dovrebbero sposarsi prima dei 16 anni per non incorrere in comportamenti irregolari. Questo – hanno deliberato gli anziani – dovrebbe anche ridurre il rischio di violenze sessuali». A preoccupare la popolazione rurale di Haryana è in questi ultimi mesi la crescita degli stupri che colpiscono soprattutto giovani donne di bassa casta o fuoricasta. Undici i casi di stupro di minorenni registrati solo a settembre (su quasi 500 casi complessivi di violenza sessuale segnalati da gennaio), ma con altri episodi probabilmente mai denunciati per vergogna.Ieri Sonia Gandhi, presidente del Congresso, il partito di maggioranza governativa, ha visitato i genitori di una sedicenne suicidatasi con il fuoco dopo avere subito una violenza di gruppo. La Gandhi ha condannato con fermezza quanto è successo e ha chiesto «massima severità» contro i responsabili. Il ministro dell’Interno, da parte sua, ha sottolineato come a complicare la situazione dello Stato sia il divario numerico tra ai sessi, con 830 femmine ogni 1.000 maschi, ma anche una mentalità di cui funzionari locali si sono fatti portavoce parlando di «situazione sostanzialmente normale ma ingigantita dai mass media».
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