giovedì 11 agosto 2016
Mosca ha annunciato che da oggi, dalle 10 alle 13, i combattimenti si interromperanno per permettere l'arrivo di aiuti nella città siriana.
L'INTERVISTA Il nunzio in Siria: diventata guerra per procura
«3 ore di tregua al giorno per aiuti ad Aleppo»
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Non un vero cessate il fuoco, ma un primo, timido passo. Dopo settimane di agonia, però, Aleppo respira. Mosca ha annunciato che da oggi, per tre ore al giorno – dalle 10 alle 13 (ora locale) – i combattimenti di tutte le fazioni in lotta si interromperanno per consentire l’entrata di aiuti nella città martire, dove restano intrappolate due milioni di persone. A fornire i dettagli è stato Sergeij Rudskoi, capo delle operazioni dello Stato maggiore dell’esercito russo che ha parlato di «finestre umanitarie» durante le quali «ogni azione militare, raid aerei e il tiro delle artiglierie saranno sospesi». L’obiettivo – secondo la Russia – è garantire la sicurezza dei convogli con cui organizzazioni internazionali e Ong potranno portare soccorso ai residenti, ormai stremati. L’Onu, però, è poco convinta dell’iniziativa, definita «insufficiente». Il coordinatore degli aiuti, Stephen O’Brien ha spiegato che sarebbe necessario almeno uno stop di 48 ore per poter far arrivare un numero sufficiente di camion. Da cinque giorni, le forniture d’acqua – e di elettricità – sono interrotte a causa degli scontri tra militari governativi e ribelli. L’Unicef – in accordo con la Croce rossa e la Mezzaluna rossa – è riuscito a far arrivare delle autobotti per portare acqua a 325mila persone. I rifornimenti, però, hanno riguardato finora la sola zona occidentale sotto il controllo dell’esercito di Bashar al-Assad e degli alleati di Hezbollah. Aleppo est, in mano all’opposizione – a sua volta divisa tra i laici dell’Esercito libero siriano e al-Nusra – era finora “blindata” dall’assedio dei lealisti e inaccessibile agli aiuti. I 300mila abitanti – tra cui un terzo di bimbi – dovevano ricorrere all’acqua dei pozzi, potenzialmente contaminata. Il rischio della diffusione di epidemie è, dunque, alto. Ieri – secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani, Ong vicina gli insorti – , questi ultimi erano riusciti a far arrivare alcuni camion con alimenti. Risorse, comunque, insufficienti per le enormi necessità. Caritas italiana ha attivato un fondo di emergenza, per rispondere ai bisogni delle famiglie di Aleppo e del resto della Siria. Per il 2016, l’ente caritativo della Chiesa italiana ha già messo a disposizione mezzo milione di euro per programmi di assistenza di base, viveri, medicine e alloggi. I continui combattimenti, però, limitano fortemente l’azione umanitaria.  Per questo, la Comunità di Sant’Egidio aveva chiesto, di nuovo, ieri, a gran voce, una tregua per «liberare gli abitanti da un assedio che li sta uccidendo a partire dai più deboli, dai malati, dai bambini – si legge nel comunicato –. Si dia priorità alla popolazione, ormai priva di tutto il necessario». Di recente, il fondatore di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, aveva esortato il mondo a non «lasciar morire Aleppo sotto i nostri occhi». La situazione militare – per ammissione della stessa Mosca – resta complicata. Domenica, i ribelli hanno detto di aver rotto l’assedio con cui il regime li aveva sigillati fin dalla metà di luglio. Russia e Damasco, però, hanno smentito. In ogni caso, negli ultimi giorni, i combattimenti sono ripresi feroci. Lo Stato maggiore russo ha detto che mille insorti sarebbero morti da domenica, altri 2mila sarebbero rimasti feriti.
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