mercoledì 27 luglio 2022
Tornano dai giudici papà e mamma del ragazzino di 12 anni, in coma dal 7 aprile, quando è stato trovato con una corda attorno al collo, forse dopo un gioco online con amici
Per salvare Archie i genitori vogliono appellarsi anche all'Onu
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Andranno domani alla Corte Suprema per avere il permesso di ricorrere contro la sentenza della Corte di appello londinese che impedisce loro di chiedere alle Nazioni Unite di intervenire. Nel disperato tentativo di salvare Archie – il ragazzino di 12 anni, in coma dal 7 aprile, quando la mamma l’ha trovato con una corda attorno al collo, forse per una tragica sfida online con gli amici – i suoi genitori, Hollie Dance e Paul Battersbee torneranno, ancora una volta, dai giudici, dopo che tribunali britannici di primo e secondo grado hanno dichiarato il ragazzino morto dal punto di vista cerebrale, dando ai medici del Royal London Hospital, dove è ricoverato, il permesso di staccare i supporti vitali che lo mantengono in vita.

Secondo i genitori, queste sentenze violano la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, sottoscritta dal Regno Unito. E proprio per arrivare fino all’Onu, Hollie e Paul hanno chiesto che l’operazione di distacco dal respiratore che tiene in vita Archie venga sospesa mentre preparano il caso legale. La richiesta è stata rifiutata ieri dalla Corte di appello. La stessa Corte ha deciso, però, che Archie potrà rimanere in vita fino alle 15 di oggi per consentire ai genitori di ricorrere alla Corte europea dei diritti umani, organismo individuato e proposto dai giudici come destinatario di un appello.

«La Corte di appello ci ha costretto su una strada senza uscita sapendo che non avremo successo», ha commentato la mamma, sottolineando che Corte europea dei diritti umani ha più volte rifiutato richieste simili di genitori con figli nelle condizioni di Archie. Il caso ricorda quelli di Charlie Gard, Alfie Evans, Tafida Raqeed, Isaiah Haastrup ai quali i medici avevano chiesto (e quasi sempre ottenuto) di staccare i supporti vitali mentre la famiglia voleva curarli e mantenerli in vita. È all’esame del Parlamento britannico una nuova legge – la “Charlie Gard law” – che rafforza i diritti dei genitori nei casi in cui questi ultimi si oppongano ai medici che vogliono togliere ai loro figli i supporti vitali.

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