martedì 15 febbraio 2022
Analizzati 850mila tweet raccolti tra il 2015 e il 2020. I risultati: l'odio online ha frenato con l'inizio della pandemia, ma si radicalizza. In Spagna livelli inferiori rispetto all'Italia
Supercomputer traccia la mappa dell'intolleranza social nella Ue

Ansa

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L’odio online ha frenato con l’inizio della pandemia, ma si radicalizza su Twitter in coincidenza con i momenti di tensione internazionale.

A confermarlo, uno studio dell’Università di Salamanca, finanziato dalla Ue, che ha geo-localizzato ed elaborato con un supercomputer 850.000 tweet raccolti fra il 2015 e il 2020. Ne è emersa una mappa dell’intolleranza. Una delle conclusioni, anticipate da Cinco Dias, è che “in Spagna si sono riscontati livelli di odio inferiori rispetto a quelli di altri Paesi di condizioni socio-culturali simili, come Italia, Grecia o Regno Unito”, spiega Carlos Arcila, professore dell’Università di Salamanca e ricercatore principale del progetto. Che ha preso in considerazione i messaggi relativi a migranti o rifugiati nei Paesi Ue, intercettando quelli contenenti insulti o denigrazioni e, per l’elaborazione dei dati, ha applicato tecniche di Intelligenza Artificiale nel Centro di super calcolo di Castilla y Leon.

Per i ricercatori si trattava di mettere a confronto il discorso xenofobo nelle reti con l’attitudine dei cittadini – rilevata ad esempio nei sondaggi – o anche con variabili come la proporzione di migranti in una regione.

In generale, i picchi di odio coincidono con “eventi mediatici e sociali” come la Brexit nel Regno Unito, l’arrivo dell’Aquarius a Valenzia nel 2018, o quello in massa di migranti siriani nel 2015 e 2016, “che provocarono impennate importanti di questo tipo di messaggi”.

Le differenze non sono solo fra Paesi, ma anche fra zone urbane o rurali - con il discorso xenofobo molto più presente nelle metropoli - fra le regioni e, soprattutto, fra il Nord e il Sud, in Spagna come in Italia.

L’inizio della pandemia ha avuto per effetto una diminuzione dei tweet negativi nei primi mesi del 2020, fin dove arriva lo studio, “perché la comunicazione della crisi sanitaria ha lasciato l’immigrazione in secondo piano”, segnala Arcilla. Dai dati anche la conferma che l’espansione delle reti sociali ha rafforzato i messaggi di odio.

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