martedì 24 aprile 2012
Il leader del Sud Sudan, in visita a Pechino, cerca di allacciare rapporti bilaterali con Pechino, storico alleato di Karthum. E accusa: «Bashir ci bombarda». Ma Hu Jintao invita alla moderazione. In progetto un oleodotto alternativo a quello per Port Sudan.
Intervista a padre Kizito Sesana (da Radio inBlu)
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​Il presidente cinese Hu Jintao ha colto l'occasione fornitagli dalla visita a Pechino di Salva Kiir Mayardit, suo omologo del Sud Sudan, per esortare quest'ultimo Paese e il Sudan settentrionale alla "calma" e alla "moderazione".La missione di Kiir nella Repubblica Popolare ha l'obiettivo di allacciare rapporti bilaterali analoghi a quelli che la stessa Cina coltiva con il regime di Kharthum.I due Stati africani sono di nuovo sull'orlo di una guerra a causa dei combattimenti nell'area di confine contesa di Heglig, importante centro di estrazione petrolifera. "Il Sudan ci ha attaccato, ma noi non vogliamo la guerra - ha detto Salva Kiir - Non importa quello che è successo in passato tra di noi, non dovremmo tornare alle armi, questo è il motivo per cui abbiamo ritirato le nostre truppe". Da parte sua, il ministro degli Esteri di Kharthum, Ali Ahmed Karti, si è detto pronto a colloqui con il Sud su non meglio precisate "questioni di sicurezza".Il 20 aprile il governo di Giuba ha disposto il ritiro delle sue truppe dalla regione di Heglig, nel Sud Kordofan, ricca di petrolio. E ora un accordo con il governo di Pechino potrebbe tagliare fuori Karthum dal commercio del petrolio sud-sudanese. E forse, addirittura, far cadere il veto cinese in Consiglio di Sicurezza dell'Onu sull'arresto del presidente sudanese Omar al-Bashir, accusato di crimini contro l'umanità compiuti nella martoriata regione del Darfur.Pechino è coinvolta proprio nella gestione degli impianti di estrazione e degli oleodotti. Cinese è infatti la direzione del consorzio Greater Nile Petroleum Operating Co (GNOP), composto anche da imprese malesi, indiane e sudanesi, che gestisce l'estrazione e la distribuzione dell'oro nero nei due Paesi. E cinese è anche l'offerta a Giuba di collaborazione per costruire un oleodotto alternativo a quello per Port Sudan, purché la situazione si calmi. Ma gli esperti sudanesi dicono che un anno, tempo ipotizzato per il progetto, non sarà sufficiente, a meno che non intervengano nuove scoperte petrolifere.Monsignor Paulino Lukudu Loro, arcivescovo di Juba, ha detto all'agenzia Fides: "Il popolo del Sud Sudan non vuole la guerra. Questo è un conflitto economico per il controllo del petrolio. Il Sud Sudan è pronto a raggiungere un accordo con il Sudan sul petrolio. Ma quello che ha deluso i sud sudanesi è l'atteggiamento dell'Onu, dell'Unione Africana e di diversi Paesi occidentali sulla questione di Heglig. A mio avviso, questi organismi hanno fatto delle dichiarazioni premature, senza conoscere la realtà sul terreno. In particolare si deve capire dove si trovi esattamente Heglig: si trova in Sud Sudan o in Sudan? Rappresentanti di queste istituzioni internazionali devono andare lì per chiarire questo punto, per demarcare con precisione il confine tra i due Stati".

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