mercoledì 10 novembre 2021
Dopo la fine della guerra civile, regna un fragile equilibrio tra le fazioni: «Mancano strade, scuole e ospedali». L’impegno nel Paese dell’Ong Medici con l’Africa Cuamm: «Sistema sanitario fragile»
Oltre il 40% della popolazione del Sud Sudan vive sotto la soglia di povertà assoluta

Oltre il 40% della popolazione del Sud Sudan vive sotto la soglia di povertà assoluta

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Si terrà sabato a partire dalle 11 al Gran Teatro Geox di Padova il meeting annuale dell’Ong Medici con l’Africa Cuamm, evento che quest’anno pone l’accento sulla voglia di ricominciare dopo quasi due anni di pandemia. “Ripartire. Un nuovo slancio condiviso tra Italia e Africa” metterà al centro l’Africa, il suo presente e il suo futuro e racconterà l’impegno del Cuamm a fianco dei più poveri, per tirare le fila di un anno di lavoro e rilanciare i nuovi interventi. «Ci saranno, insieme, rappresentanti delle istituzioni e della società civile, perché vogliamo parlare con tutti e dare conto, a chi ci ha sostenuto, dei risultati raggiunti con il programma “Prima le mamme e i bambini. 1.000 di questi giorni”, nell’anno del nostro 70° compleanno», sottolinea don Dante Carraro, direttore dell’Ong. All’incontro, arricchito dai racconti di molti testimoni dal campo, parteciperanno anche monsignor Claudio Cipolla, vescovo di Padova, monsignor Rocco Pennacchio, arcivescovo di Fermo e presidente del Comitato per gli interventi caritativi a favore del Terzo Mondo, e l’immunologo Alberto Mantovani.


«Il Sud Sudan è il Paese africano con il sistema sanitario più fragile che abbia mai visto. Il Covid-19 si è aggiunto a una situazione già al collasso, in cui non si riescono nemmeno a pagare gli stipendi agli infermieri. Inoltre riceviamo degli stock di vaccini anti-Covid avanzati da altri Paesi che magari scadono dopo 40 giorni: adesso ci è arrivato un lotto di soli J&J, per cui non possiamo fare le seconde dosi degli altri vaccini. Questo si aggiunge a una marea di problemi anche più gravi: qui si muore di parto, di malaria, di tante cose che da noi non esistono nemmeno più». Da Rumbek il dottor Vincenzo Pisani, una vita tra gli ultimi in Africa, la racconta così la drammatica quotidianità del Sud Sudan, il Paese più giovane al mondo e forse quello con la sanità peggiore di tutti. Dopo anni di guerra civile che hanno frantumato le speranze nate con l’indipendenza sancita dal Sudan nel 2011 (oltre 400mila i morti e 2 milioni gli sfollati), oggi regge un precario accordo di pace che ha portato ad un governo di unità nazionale dal fragile equilibrio e ad un nuovo Parlamento. L’economia del Paese resta in condizioni catastrofiche e così il suo potenziale sviluppo, dalle infrastrutture alla scuola alla sanità.

Per Medici con l’Africa Cuamm – tra le maggiori Ong sanitarie italiane, oggi presente in otto Paesi africani – il dottor Pisani è stato in Mozambico, Tanzania, Angola e Sierra Leone. Oggi è in Sud Sudan, sempre affiancato dalla moglie Ottavia, anche lei medico. «La scorsa settimana – racconta – abbiamo distribuito farmaci in alcune unità sanitarie. Siamo dovuti andare a piedi, perché in un Paese senza strade asfaltate e con forti piogge nemmeno i fuoristrada erano in grado di raggiungere i villaggi, che distano l’uno dall’altro anche molti chilometri. Molto spesso si pensa che basti avere i farmaci per risolvere tutto: ebbene il costo di una vaccinazione o di una terapia non è tanto rappresentato dal farmaco in sé, ma da tutto il resto». È il costo del famoso «ultimo miglio», quello che appunto riguarda i sistemi sanitari nel loro complesso, anche quello di prevedere delle infrastrutture di base a livello locale.

Si spera, ad esempio, nel nuovo vaccino contro la malaria, ma soprattutto che il suo arrivo sia accompagnato da una maggiore stabilità politica. Oggi l’intervento del Cuamm in Sud Sudan interessa complessivamente 11 contee, con 135 strutture sanitarie periferiche e 5 ospedali. Contro la malaria, a partire da luglio dello scorso anno, l’Ong con base a Padova ha avviato un progetto specifico che interessa lo Stato di Amadi per 180mila beneficiari indiretti. «Nel nostro piccolo quello che abbiamo fatto in 10 anni si vede – sottolinea ancora il dottor Pisani –. L’etnia maggioritaria è quella dei dinka: con loro non puoi bluffare, sono molto esigenti e un po’ diffidenti. Capiscono se tu hai voglia di camminare con loro e in questo caso si mettono a disposizione, ma se arrivano a pensare che tu abbia altri interessi allora è la fine, è solo guerra e conflitto quotidiano. È un popolo di pastori duri, abituato a difficili condizioni ambientali, è complicato prevedere come si adatteranno a un Paese riconciliato».

Nell’aprile 2019, in Vaticano, papa Francesco si inginocchiò davanti ai leader del Sud Sudan, esortandoli a un forte impegno verso la pace ed esprimendo il desiderio di una sua possibile visita nel Paese, «come segno di vicinanza alla popolazione e di incoraggiamento al processo di pace». Un gesto che don dante Carraro, direttore del Cuamm, non esitò a definire «sconvolgente e rivoluzionario» rispetto alla logica della violenza e del sopruso che per anni hanno bloccato un Paese intero.

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