mercoledì 2 marzo 2022
Dopo l’evacuazione dalla capitale, la nostra rappresentanza diplomatica si trasferirà a Leopoli. Nel cielo di Kharkiv sono piombati i bombardieri pesanti Sukhoi Su-34, lasciando una scia di morte
L'orrore della guerra: un passante rimasto ucciso nel bombardamento della torre della tv di Kiev

L'orrore della guerra: un passante rimasto ucciso nel bombardamento della torre della tv di Kiev - Ansa

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L’ultimo giorno di Kiev sorge al tramonto, un paio d’ore prima del coprifuoco, quando la gente è ancora in strada, scartando i lastroni di ghiaccio e le granate fuori bersaglio che possono fare una strage. Sono colpi d’avvertimento. Il nemico è alle porte. L’inferno anche. Tutti sperano nel negoziato, nessuno ci crede.

Da oggi la capitale ucraina avrà altri connotati.

Dopo giorni di gioco al gatto con il topo, giusto per saggiare e illudere la generosa resistenza, l’armata russa mette mano all’arsenale pesante. Niente artiglieria leggera. Si comincia dalla torre della televisione. Avrebbero potuto spegnerla i pirati informatici ben pagati da Vladimir Putin. Ma questa è una guerra all’antica. E allora cannonate contro il ripetitore, che schianta al suolo cancellando uno dei punti di riferimento per chi si orienta tra i saliscendi delle sette colline. I colpi, però, cadono anche sul memoriale di Babyn Yar, dove decine di migliaia di ebrei, rom, comunisti, nazionalisti e dissidenti furono fucilati dai nazisti nel settembre 1941.

«La storia si ripete», ha scritto su Twitter il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. La notizia ha suscitato forte emozione in Israele, che coltiva legami forti con Kiev, dove vivono almeno 250mila ebrei. Intanto corrono tutti nei bunker. La gigantesca colonna di blindati e cingolati russi che minaccia la cinta di Kiev non è ancora attorno alla città. In tutto 60 chilometri di mezzi pesanti. Abbastanza per circondare l’intero perimetro. La vediamo sopraggiungere facendosi annunciare dalle vistose torri di fuoco e fumo. «Arrivano», gridano gli abitanti allontanandosi in fretta dai marciapiedi e cercando riparo da qualche parte. Ancora una volta le sirene sono suonate dopo che i primi colpi hanno fatto gonfiare i cumuli di neve come se ci fosse un gigante a soffiarvi dentro.

Tutto questo mentre dagli Usa la Casa Bianca esclude una no-fly zone sui cieli ucraini. Dopo che lunedì avevano esortato i civili a lasciare la metropoli, le forze di Mosca avevano suggerito di stare alla larga dalle torri delle comunicazioni. È ricominciata così la più classica strategia mirata a imporre un cambio di governo: oscurare le televisioni per accecare l’informazione.

In Ucraina «oggi diamo la vita per i valori, per essere uguali» nei diritti, «esattamente come lo siete voi». Lo dice il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in collegamento con la plenaria del Parlamento Europeo a Bruxelles. In Ucraina, dice, si vive «una tragedia: migliaia di persone sono state uccise. Abbiamo avuto due rivoluzioni, una guerra e cinque giorni di invasione della Federazione Russa».

La distruzione causata dai bombardamenti alla periferia di Kiev

La distruzione causata dai bombardamenti alla periferia di Kiev - Ansa

Le strutture di difesa di Kiev sono così deboli da sembrare un incoraggiamento all’invasione. I dissuasori in cemento all’ingresso della metropoli, diventano barriere di cartone quanto i mostruosi tank si fanno largo con i cingoli che lasciano sull’asfalto i profondi segni degli artigli d’acciaio. La reazione è quasi tutta nelle mani dei civili, che possono colpire di sorpresa con agguati alle truppe di occupazione. Perciò si teme che i sabotatori di Mosca possano avere mappato gli scantinati delle milizie cittadine, per liberarli a colpi di granate. Anche per questo si parla di “ipotesi Sarajevo”.

Il presidente Zelensky, che fino a poche ore prima arringava il popolo celebrando le battaglie vinte, stavolta parla di guerra. E la guerra è un’altra storia. Adesso si rivolge al popolo con parole meste da leader finito e da uomo morto. Le cupole d’oro intanto, riflettono i bagliori mortali che piovono dal cielo. Un cielo pesante e scuro, in una di quelle giornate di neve che stanno nella geografia del cuore della gente di Kiev. Come il santuario di Santa Sofia, il più importante del popolo ucraino con la sua magnifica cattedrale millenaria. Il segretariato dell’arcivescovo maggiore di Kiev della chiesa greco-cattolica ucraina ha fatto sapere che «Sua Beatitudine Sviatoslav, Capo e Padre della Chiesa greco-cattolica ucraina invita tutti i cristiani a pregare per il santuario spirituale dei popoli slavi ed esorta l’aggressore ad astenersi da questo orribile atto di vandalismo». Barbarie che non risparmia gli esseri umani inermi.

Se a Kiev e dintorni i caduti civili nei primi sei giorni di guerra sono almeno 200, a Kharkiv si perde il conto. Dal cielo piombano i bombardieri pesanti Sukhoi Su-34. Raid «assolutamente disgustosi», che ricordano alcuni degli attacchi a Sarajevo, accusa il premier britannico Boris Johnson. Nel mirino finiscono edifici governativi e semplici condomini: solo ieri i morti sono una ventina. A pezzi è stato fatta anche Piazza della Libertà, il simbolo della città, tra le dieci più grandi d’Europa. Oggi si presenta come un tappeto di macerie e detriti. Poco distante dal terreno degli scontri, davanti alla residenza dell’ambasciatore italiano va in scena una missione eroica: salvare decine di italiani e una ventina di neonati. Sono tutti “figli” dell’utero in affitto. Coppie arrivate qui per “ritirare” i bambini commissionati nove mesi fa, e alcuni nati proprio nel pieno degli scontri. All’ambasciatore Pier Francesco Zazo e al personale diplomatico e di sicurezza, non è restato altro da fare che organizzare una missione impossibile: portarli tutti in salvo fuori da Kiev. E ieri è arrivato il via libera all’evacuazione. Con lo stesso ambasciatore all’ultimo momento costretto a lasciare il corteo di auto della diplomazia per salire sul bus degli sfollati italiani. L’attacco da parte dei cecchini è più di un timore.

Per giorni la residenza era stata segretamente trasformata in una gigantesca nursery. Oltre alle famiglie con neonati si erano rifugiati circa 130 italiani, tutti assistiti e sfamati dal personale diplomatico. Una pagina coraggiosa e bella della diplomazia italiana, rimasta per ultima tra le grandi sedi consolari, ad abbandonare Kiev, ma non l’Ucraina. L’ambasciatore Zazo, infatti, si trasferirà a Leopoli.

Stanotte sulle barricate ci saranno tante donne. Attendono di vedere il primo carro russo per sparare. Ma sanno anche di poter essere fatte a brandelli dall’artiglieria. La miss Anastasiia Lenna, la deputata di opposizione Kira Rudik, come la gente comune, le madri di famiglia. Soldatesse per caso. Vanno al fronte truccate come per una serata in centro, perché zar Vladimir dovrà avere vergogna di far sparare alle ragazze. Kira Rudik, 36 anni, deputata del partito Golos, è una di loro. Una laurea in informatica, è passata dalla Silicon Valley al Parlamento ucraino, dove siede fra gli scranni dell’opposizione dai quali attaccava il presidente Zelensky. Oggi lo sostiene. «L’Ucraina è il mio Paese». Come a dire all’uomo forte del Cremlino che no, l’ultimo giorno di Kiev non è ancora arrivato.Dopo l’evacuazione dalla capitale, la nostra rappresentanza diplomatica si trasferirà a Leopoli. Nel cielo di Kharkiv sono piombati i bombardieri pesanti Sukhoi Su-34, lasciando una scia di morte La città è ormai solo un tappeto di macerie L’evacuazione da Kiev, organizzata ieri mattina dall’ambasciata d’Italia.

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