venerdì 28 dicembre 2012
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Anche quelli che tengono reclusa Asia Bibi devono essere stati bambini, cresciuti nove mesi sotto al cuore della loro mamma, poi allevati dalle sue mani. Come possono non pensare allo strazio che stanno infliggendo ai cinque bambini di Asia? Quanto a lei, qualunque cosa dovesse – secondo i suoi accusatori – pagare, l’ha di certo già pagata, poiché è stata sottratta al suo stesso respiro per quasi quattro anni. Perché quando si è mamme, si sa, si vive con il cuore fuori dal proprio corpo. Si cammina, sì, si mangia e si respira, ma una parte del cuore batte costantemente, giorno e notte, accanto a quello dei propri bambini, anche quando bambini non lo sono più. In nome del diritto di questi cinque bambini ai baci e agli abbracci della mamma chiediamo quindi che Asia Bibi torni libera, libera di accudirli, di scacciare le loro paure, di renderli un giorno adulti migliori, perché sono stati bambini amati. Noi cristiani diciamo «bonum est diffusivum sui», crediamo cioè che il bene sia contagioso, e siamo certi che sia un bene per il Pakistan, per i pachistani che incontreranno la famiglia di Asia, che lei possa tornare a fare la mamma: la spirale di odio sarà spezzata. Imploriamo dunque non in nome di una guerra di religione ma in nome del buon senso e della più elementare umanità che le mani di quella contadina possano correre, al più presto, ad asciugare le lacrime dal viso dei suoi figli, prima che sia troppo tardi.
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