domenica 27 marzo 2016
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La Repubblica democratica del Congo continua ad essere una terra di conquista con la complicità delle sue classi dirigenti. È sufficiente riflettere su quanto scrisse, pochi giorni prima della sua uccisione, padre Vincent Machozi. Questo coraggioso sacerdote assunzionista cinquantunenne aveva postato online un editoriale in cui denunciava, senza mezzi termini, il coinvolgimento dei presidenti della Repubblica democratica del Congo e del Ruanda nei massacri di civili perpetrati nella regione attorno a Beni. Dunque un delitto, quello compiuto contro padre Machozi, che ha definitivamente silenziato una voce libera nella notte di domenica 20 marzo a Vitungwe- Isale, una località del Nord Kivu. Un delitto sul quale ci si interroga ancora. Non è dunque casuale che siano stati proprio i militari congolesi ad uccidere il religioso, stando alle numerosissime testimonianze raccolte dalla società civile locale. Viene spontaneo domandarsi quali possano essere le ragioni che determinano simili misfatti, non foss’altro perché l’uccisione del religioso assunzionista è solo l’ultima di una lunga serie di atrocità compiute in quella regione. In effetti, padre Machozi aveva segnalato, in più circostanze, la presenza nel territorio di Beni di diversi gruppi armati dediti allo sfruttamento illegale del coltan, spesso con la connivenza dell’esercito regolare. Si tratta di una lega naturale di columbite e tantalite, due minerali, della classe degli ossidi che ne compongono la miscela, di importanza strategica per il mercato mondiale dell’elettronica e dei telefoni cellulari in particolare. È dunque evidente che l’attuale presidente Joseph Kabila continui a governare il Paese secondo la logica del divide et impera. D’altronde questo signore – è bene ricordarlo – continua a fare il bello e il cattivo tempo da lunghi anni, dimostrando ampiamente, con la sua condotta, che i processi elettorali, nell’ex Zaire, rispecchiano dinamiche nepotistiche invece che essere espressione di un’alternanza programmatica. Ecco che allora, Kabila non ha organizzato un referendum per legittimare un suo terzo mandato presidenziale consecutivo (non previsto dall’attuale Costituzione). Ha preferito, piuttosto, procrastinare la data delle elezioni, previste quest’anno, prendendo tempo. Col risultato che numerosi esponenti dell’opposizione e della società civile sono finiti in carcere senza avere commesso alcun reato, con l’intento, da parte del governo al potere, di soffocare qualsiasi forma di dissidenza. Nel frattempo, il settore orientale del Paese, in particolare la provincia del Nord Kivu, continua ad essere infestata da bande di briganti. Emblematiche sono le tensioni presenti nel territorio di Lubero dove si è creato un clima di totale diffidenza tra la comunità hutu e quella nande, per cui i primi sono visti come appartenenti alle Forze Democratiche di Liberazione del Ruanda (un gruppo di origine ruandese presente da anni nella zona), mentre i secondi vengono identificati come Mai-Mai, termine generico per le milizie di autodifesa locali. E cosa dire, poi del gruppo di origine ugandese, le Forze Alleate di Difesa, al cui interno militano miliziani jihadisti, che semina il terrore tra la popo-lazione, contribuendo ad accrescere il numero degli sfollati? Stiamo parlano di un settore geografico che è tradizionalmente il crocevia di loschi traffici di ricchezze minerarie che vedono le numerose bande armate coinvolte nelle operazioni di intermediazione. Oltre al coltan, il Congo possiede il 34% delle riserve mondiali di cobalto, il 10% di quelle di oro, per non parlare delle riserve di diamanti, uranio, cassiterite e petrolio. È il caso di dirlo. Povero Congo. © RIPRODUZIONE RISERVATA Inquietanti dubbi sul delitto di padre Vincent Machozi in Kivu Congo Padre Vincent Machozi aveva 51 anni
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