lunedì 21 novembre 2011
Forte della maggioranza assoluta con 186 seggi, il neopremier in pectore vuole affrontare subito i "problemi straordinari" del Paese. "Non faremo miracoli, servirà l'impegno di tutti".
La Spagna si libera dello "zapaterismo", sogno-incubo di Marco Olivetti
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La fiesta è durata poche ore. Bandiere azzurre, un po’ di musica sotto al balcone del quartier generale del Partito Popolare – nella calle Genova di Madrid – e poi tutti sono tornati al tran tran quotidiano. Quattro milioni e 978.300 disoccupati non permettono ritardi né incertezze. Ieri il leader del Partito Popolare Mariano Rajoy – neopremier spagnolo in pectore, dopo il trionfo di domenica notte – si è rimboccato le maniche e ha cominciato subito a lavorare per accelerare il passaggio di poteri e chiudere definitivamente la pagina-Zapatero. Fra le prime incombenze, anche una lunga telefonata con il cancelliere tedesco Angela Merkel, che gli ha offerto la sua «collaborazione». Nell’aria c’è tensione e fretta, tanta fretta. La numero due nelle liste del Pp di Madrid, Soraya Saenz de Santamaria, è a capo della squadra che lavorerà per la “transizione” fra governi: un passaggio che va fatto velocemente «e con trasparenza», dati i «problemi straordinari» in corso. Il nuovo Parlamento si riunirà il 13 dicembre e l’investitura di Rajoy potrebbe avvenire il 22 dicembre, per permettere la celebrazione di un primo consiglio dei ministri prima di Natale. La migrazione governativa è già iniziata, in fondo: non è escluso che al vertice europeo del 9 dicembre il premier uscente José Luis Rodriguez Zapatero partecipi insieme al successore Rajoy, anticipando l’insediamento ufficiale. La speranza di oltre 10 milioni di spagnoli che hanno votato il Pp – consegnandogli le chiavi della maggioranza assoluta con 186 seggi – è che il Paese ricominci a marciare a ritmo spedito. Ma Rajoy avverte: «Non faremo miracoli», ci saranno sacrifici, sarà dura e servirà l’«impegno di tutti». La bacchetta magica non esiste, Rajoy è cosciente che nelle prossime ore gli elettori cominceranno immediatamente a reclamare misure concrete per rilanciare la produttività, creare posti di lavoro, ridare fiato ad un sistema economico azzoppato dalla crisi – come in tanti altri Paesi europei – ma anche dalle ingenuità e dalla cattiva gestione firmata da Zapatero. I populares hanno aspettato otto anni per ritornare al governo, ma domenica notte non c’era esaltazione nelle prime parole di Rajoy al Paese: il quasi-presidente ha ricordato che assume le redini «nella più delicata congiuntura economica degli ultimi 30 anni» e che i suoi unici nemici «saranno la disoccupazione, il deficit, il debito eccessivo e tutto ciò che provoca il rallentamento economico». Ottime dichiarazioni di intenzioni che non bastano a calmare i mercati: ieri mattina lo spread – il differenziale fra il bono spagnolo e il bund tedesco – ha toccato quota 470 punti (per poi calare), mentre la borsa ha chiuso a -3,48%. È stato il migliore risultato nella storia del centrodestra, quello di domenica notte: ieri il successo è stato analizzato da Rajoy insieme al Comitato Esecutivo del Pp, che ha annunciato un congresso a febbraio. La velata ambiguità del programma con cui i populares hanno stravinto non cambia la realtà: ora Rajoy deve passare dalle parole ai fatti. Gli elettori, gli economisti, i mercati, Bruxelles, la Germania, i pensionati di Vallejas e gli studenti di Valencia, i disoccupati andalusi e gli imprenditori asturiani: il prossimo premier deve rispondere a tutti e ha poco tempo. «La crisi gli ha dato tutto il potere», sottolinea <+corsivo>El Pais<+tondo>. Una responsabilità enorme. Con un poder absoluto di 186 seggi contro una rachitica opposizione socialista, il nuovo presidente del governo non avrà giustificazioni se fallisce. Il quotidiano conservatore <+corsivo>Abc<+tondo> – il più vicino a Rajoy – gli ricorda i dieci punti più urgenti dell’agenda: dalla lotta alla disoccupazione (al 21,5) ai conti pubblici; dalla riforma lavorativa e fiscale (si attendono ritocchi all’Iva, ma forse anche all’Irpef e alle tasse universitarie) al risanamento del settore finanziario; dalla rigenerazione istituzionale all’educazione, passando per un rilancio di valori morali come lo sforzo, il sacrificio. Il tutto ad una velocità record: una corsa contro il tempo.Non vuole «tecnocratas», Rajoy: non insegue un governo tecnico all’italiana. Il suo toto-ministri è già in atto. La foto di gruppo della notte elettorale (sul balcone della sede del Pp) suggerisce possibili nomine: la giovane Soraya, Dolores de Cospedal, il sindaco di Madrid Alberto Ruiz Gallardon. Ma la vera scelta che tutti attendono con ansia – in Spagna e non solo – riguarda il ministero dell’Economia: la patata più caliente. La notte di domenica è andato in onda il trionfo storico per il Pp, ma anche la più grave sconfitta nella storia del Partito Socialista, fermo a 110 seggi. Il nuovo Parlamento sarà meno bipolare, grazie ad una maggiore presenza dei partiti più piccoli.
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