martedì 11 febbraio 2020
Fa discutere una sentenza dell’alto tribunale dell’Audiencia Nacional, che ha respinto il ricorso di un sindacato, alla luce della nuova normativa. Ora la parola passa al Tribunale Supremo
Vai in pausa caffè? Timbra il cartellino

Ansa

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La pausa caffè o per la sigaretta non sarà più gratis in Spagna. Bisognerà ogni volta timbrare il cartellino e le imprese potranno scontarla dalla busta paga. Con la nuova regolazione degli orari, cade anche quello che fino a ieri è stato un tabù nel paese di Cervantes e si rischia di cancellare uno dei rituali più sacri: il momento di socializzazione fra colleghi consacrato al break intorno alle 11 per la colazione. A stabilirlo, una sentenza della sezione sociale dell’alto tribunale dell’Audiencia Nacional, che ha rigettato il ricorso presentato dal sindacato Comisiones Obreras contro il sistema di registro orario della compagnia Galp-Energia, che impone ai propri dipendenti di marcare l’uscita e l’entrata per ogni caffè o sigaretta fumata. Intervalli che erano integrati nella giornata lavorativa fino al 12 maggio scorso, quando è entrata in vigore la nuova normativa, approvata dal governo socialista, che impone alle imprese il registro quotidiano dell’orario di lavoro dei propri impiegati, oltre a quello generale e al calendario settimanale. Una norma nata per la tutela dei dipendenti, per computare le molte ore di straordinari spesso non retribuite e computate al nero, ma che ora rischia di ritorcersi contro i diretti interessati.

Nella sentenza i giudici danno ragione a Galp sostenendo che, seppure ai lavoratori sia stato detratto l’equivalente in denaro degli intervalli spesi in colazione o in fumo, con l’introduzione dei controlli di entrata e uscita non sono cambiate le loro condizioni sancite dall’articolo 41 dello Statuto dei Lavoro. Soprattutto, «non è stato provato che prima dell’adozione del registro, l’azienda considerasse queste pause come tempo di lavoro». E, per di più - infieriscono i magistrati - non si trattava di diritti acquisiti dagli impiegati. Ai quali, dunque, non resta che timbrare il cartellino e pagarle le soste di tasca propria. La sentenza, infatti, avalla che l’impresa adotti unilateralmente il regolamento – con un codice col quale il lavoratore specifichi ogni volta a cosa sia dovuta la pausa - se non arriva a un accordo con i sindacati. Si tratta di un’interpretazione molto più restrittiva di quella a suo tempo data dal governo e dall’Ispettorato del Lavoro, secondo cui «il registro della giornata potrà organizzarsi in maniera da includere le interruzioni o le pause che si considerino, sempre e quando includa necessariamente l’ora di inizio e fine della giornata». Ed è il motivo per cui il sindacato Comisione Obreras, a furor di popolo, ha annunciato ricorso al Tribunale Supremo, che sarà quello che avrà l’ultima parola.

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