martedì 22 ottobre 2019
Il capo negoziatore Michel Barnier ha dichiarato che il Regno Unito deve chiarire la sua prossima mossa, ma Johnson dice che tocca alla Ue concedere a Londra un ritardo della dipartita dalla Ue.
Bruxelles chiama Londra che rimette la palla alla Ue
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"È necessario un chiarimento, da parte del Regno Unito, su quali saranno i prossimi passi per loro e spetta all'Ue a 27 decidere su una proroga". Non usa mezze parole il capo negoziatore Ue per la Brexit Michel Barnier, intervistato da Sky News al parlamento europeo a Strasburgo, precisando che "il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk sta avviando le consultazioni".

La risposta di Boris Johnson non si è fatta attendere. Il premier britannico ha fatto sapere che, se l’estensione, che pure ha chiesto luistesso, pur decidendo di non firmare la lettera, sarà di tre mesi, porterà il Regno Unito alle urne con elezioni anticipate prima di Natale.

Insomma il balletto tra Londra e Bruxelles continua,mentre la palla rimbalza tra Gran Bretagna e Ue e non viene chiarito a chi tocchi fare la prossima mossa. Lo scenario più probabile è che la Ue conceda tre mesi al Regno Unito, a condizione che quest’ultimo possa andarsene prima se la legislazione necessaria viene approvata da Westminster. Il grande punto di domanda è sulla Francia che potrebbe rifiutarsi di concedere tre mesi a Londra.

Un parlamentare francese, Pieyre-Alexandre Anglade, responsabile dei rapporti con la Ue per il presidente Emmanuel Macron ha detto martedì che Parigi era pronta a concedere qualche giorno in più a Westminster, per facilitare l’approvazione della legislazione per implementare Brexit, ma si opponeva alla concessione di un periodo di tempo più lungo.

Elezioni generali erano state minacciate da Johnson già alla vigilia del voto con cui la Camera dei comuni ha bocciato la sua tabella di marcia, con la quale voleva concludere, entro giovedì, il pacchetto legislativo che implementa la Brexit. Un primo voto, quello sulla legge attuativa in generale e non specificamente sul calendario, aveva dato esito positivo per il premier, con 329 voti a favore e 299 contro, ma Westminster ha poi deciso che vuole più tempo per esaminare le varie leggi che mettono in atto l'uscita della Gran Bretagna dalla Ue.

BoJo, si sa, è determinato a completare il distacco della Gran Bretagna dalla Ue entro il 31 ottobre perché lo slogan “dobbiamo ultimare la Brexit” ha facile presa sugli elettori, ormai stanchi e disorientati dalla lunga saga cominciata con il referendum del 23 giugno 2016. Un mantra che assicura al primo ministro un vantaggio di 12 punti nei sondaggi, rispetto ai laburisti, che gli frutterebbe, nel caso di urne anticipate, quella maggioranza in parlamento che, in questo momento, gli manca.


JOHNSON VUOLE EVITARE UN SECONDO REFERENDUM
Se decide di andare davvero alle elezioni generali Johnson potrebbe essere costretto ad auto sfiduciarsi. Ovvero far votare dai deputati del suo partito, quello conservatore, una mozione di sfiducia nel suo stesso governo. Potrebbe essere l'unica strada per chiamare i cittadini a votare.
L’opposizione laburista, che arranca nei sondaggi, infatti, vuole evitare le urne e, secondo una nuova legislazione che risale al 2010, il cosiddetto “fixed parliament act”, il premier ha bisogno dei due terzi dei voti del parlamento per tornare dagli elettori prima della scadenza naturale di questa legislatura, che è il 5 maggio 2022.

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