mercoledì 7 giugno 2017
L’arcivescovo cattolico Smith, il vescovo Davies e l’ex Primate anglicano Williams: «Non è incolpando una comunità che si risolve»
St Ann Square, Manchester: la città colpita  ha reso omaggio alle vittime di Londra (Ansa)

St Ann Square, Manchester: la città colpita ha reso omaggio alle vittime di Londra (Ansa)

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Una comunità legata dalla solidarietà e dall’amore proprio come ai primi tempi del cristianesimo. Una collaborazione tra i vari gruppi religiosi per identificare le perversioni del terrorismo islamico e di altri tipi di terrorismo. L’arcivescovo cattolico di Southwark, Peter Smith – che abita a mezz’ora a piedi dal London Bridge, dove sabato sera un commando di jihadisti improvvisati ha ucciso 7 persone e ne ha ferite altre 50 –, l’ex Primate anglicano Rowan Williams – oggi preside del “Magdalene college” di Cambridge –, e il vescovo cattolico di Shrewsbury, Mark Davies, concordano. Questa è la risposta alla carneficina dello scorso fine settimana. «Voglio ringraziare la polizia e gli altri servizi di emergenza e i membri del pubblico che sono corsi ad aiutare le vittime», dice l’arcivescovo Smith. «Hanno dimostrato un coraggio enorme, in circostanze difficilissime. Rendiamo omaggio alla loro eroicità ricordandoci anche di pregare per chi è stato ucciso, per le loro famiglie e per quelle di coloro che non sono ancora fuori pericolo. Quello che è successo ci ricorda che, attraverso le avversità, nei secoli, in Gran Bretagna, l’intera comunità si è ritrovata per aiutare e sostenere le vittime della criminalità e della guerra con straordinaria generosità».

L’ex Primate Rowan Williams paragona il panico vissuto oggi dalla Gran Bretagna all’ultima epoca di vero terrore di questo Paese, quando, negli anni Ottanta i terroristi dell’Ira quasi eliminarono, a Brighton, l’intero governo di Margaret Thatcher. «Anche se ci sono differenze – spiega il teologo –, perché allora i terroristi avevano un obiettivo preciso, ottenere un’Irlanda unita sotto Dublino. E perché quel periodo storico ci consentiva, quantomeno, di immaginare una via d’uscita, oltre quelle terribili atrocità. Oggi, è molto peggio: sembra che ci sia soltanto morte. E non ci sono richieste sulle quali negoziare». «Per questo motivo – continua – è difficile capire cosa fare per sentirci sicuri. E c’è la tentazione di una risposta semplice. Incolpare intere comunità e pensare che interrompere la nostra accoglienza agli stranieri e ai rifugiati sia la soluzione». Secondo Williams questo nostro «rinchiuderci, lasciando fuori dalla porta milioni di persone, rimaste senza casa per colpa dei conflitti che coinvolgono così tante parti del mondo non soltanto ci chiude la strada del futuro ma anche «corrompe la nostra moralità». «La fede cristiana ci insegna che lo straniero è per noi un dono non una minaccia al nostro sistema di vita», spiega l’ex Primate anglicano. «Ed è così significativo che, a Londra, lo scorso fine settimana, turisti stranieri e lavoratori migranti hanno dimostrato coraggio difendendo e aiutando gli altri».

Gli fa eco il vescovo di Shrewsbury Mark Davies. «La nostra sicurezza, oggi, si trova nei valori cristiani sui quali la società britannica è costruita. Il riconoscimento dello straniero come nostro vicino e i gesti di solidarietà che si sono dimostrati più forti dell’odio omicida. Sono queste fondamenta che ci proteggono dal rischio di divisioni che minaccia gli individui e le nostre comunità». «Sì certo – conclude Williams –, ci vorranno più risorse da investire nei servizi segreti e in forze di polizia, come ha chiesto il sindaco di Londra. Ma tutto questo funzionerà soltanto all’interno di una comunità che unisca ebrei e musulmani, cristiani e esponenti di altre religioni, cittadini britannici, rifugiati e stranieri».

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