giovedì 29 agosto 2013
I cinque Paesi membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si incontreranno oggi al Palazzo di Vetro (alle 20.30 ora italiana) per discutere nuovamente sull'attacco con armi chimiche del 21 agosto. Resta intanto sospesa l'ipotesi di un attacco da parte di una coalizione occidentale contro il regime di Bashar al-Assad. Entro il fine settimana sarà diffuso il rapporto dell'intelligence Usa sull'attacco.
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I cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu si incontreranno oggi alle 13.30 (20.30 ora italiana) a New York per discutere ancora del presunto attacco con armi chimiche in Siria. Mentre le potenze occidentali valutano un possibile intervento militare contro il governo di Damasco. A chiedere l'incontro (una “riunione urgente”) è stata la Russia.Ieri un'altra riunione con gli stessi partecipanti è finita con l'abbandono, da parte di Cina e Russia, dell'incontro perché contrari a esaminare la bozza di risoluzione presentata da Londra che chiedeva di adottare «le misure necessaria per proteggere i civili siriani», ricorrendo anche all'uso di «tutta la forza necessaria» in risposta al presunto attacco chimico del 21 agosto in cui sono morti centinaia di civili.Di fronte all'aggravarsi della crisi siriana, il segretario generale dell'Onu, Ban Ki moon, ha accorciato la sua visita in Austria e sta tornando a New York. Ban si aspetta di ricevere un briefing dagli ispettori Onu incaricati di indagare sull'uso dei gas non appena avranno lasciato la Siria. Lo ha detto il portavoce del'Onu Farhan Haq precisando che, per un rapporto completo, i campioni raccolti nelle ispezioni sulle armi chimiche dovranno essere analizzati da vari laboratori in Europa.Resta sospesa la possibilità di un attacco militare contro il regime di Bashar al-Assad. In un'intervista alla rete televisiva Pbs, il presidente americano Barack Obama ha dichiarato che l'attacco con i gas letali della settimana scorsa in Siria merita una risposta, anche se limitata. Ma al di là della conferma di voler punire il governo siriano, la situazione internazionale e interna agli Usa fa pensare che potrebbe esserci un rinvio della risposta a causa dei rapporti con gli alleati inglesi (e anche con la Francia) e i parlamentari americani.L'eventuale risposta americana all'uso di armi chimiche in Siria sarebbe «molto discreta e limitata», ha spiegato il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, respingendo qualsiasi paragone con l'Iraq. Il presidente americano Barack Obama ha detto nelle ultime ore di non volere un nuovo Iraq. Inoltre la Casa Bianca conferma che sarà diffuso entro la settimana, forse anche oggi, la versione epurata del rapporto di intelligence sull'attacco chimico del 21 agosto scorso a Damasco che ha convinto il presidente Obama della resposnabilità del regime e della necessità di un intervento armato. Lo ha annunciato il viceportavoce della casa Bianca, Josh Earnst, aggiungendo che Obama non ritiene di aver bisogno dell'autorizzazione del Congresso per dare il via all'operazione.Il premier britannico David Cameron, nel corso del dibattito ai Comuni, ha dichiarato che un'azione militare contro il presidente siriano Bashar al-Assad sarebbe «impensabile» di fronte a una «schiacciante opposizione» in seno al Consiglio di sicurezza dell'Onu. Tuttavia, ha detto il premier, l'approvazione dell'Onu non sarebbe l'unica base legale per intraprendere un'azione. Cameron ha sottolineato inoltre che le prove della responsabilità del regime siriano nell'attacco chimico del 21 agosto sono «convincenti» e la Gran Bretagna «non dovrebbe rimanere a guardare», ma «prepararsi per una forte risposta internazionale».Incerto il presidente francese, Francois Hollande, che ha ribadito la necessità di fare tutto il possibile per trovare una soluzione politica alla crisi siriana. Al termine di un incontro a Parigi con il leader della Coalizione nazionale siriana, Ahmad al-Jarba, l'inquilino dell'Eliseo ha sottolineato che «deve essere fatto di tutto per una soluzione politica, ma questa arriverà solo se proprio la coalizione siriana sarà in grado di apparire come un'alternativa con la forza necessaria, specialmente il suo esercito». Per Hollande, «avremo successo solo se la comunità internazionale sarà capace di mettere un argine all'escalation di violenza, di cui il massacro con armi chimiche non è che un esempio».Conferma la prudenza già espressa nei giorni scorsi anche il ministro degli Esteri italiano, Emma Bonino, che in serata ha incontrato il presidente francese Hollande. Parlando dell'attacco chimico del 21 agosto, il titolare della Farnesina ha esortato «chi ha le prove ad aprirle allo scrutinio di istituzioni terze, insieme al rapporto degli ispettori Onu - dice - Io non ho alcun elemento per avere certezze, so bene che tutti gli indizi resi più o meno noti spingono in una direzione, ma sono interessata a vedere anche i risultati degli ispettori». Hezbollah (per ora) rimane in silenzio«Hezbollah tiene d'occhio la situazione e farà ciò che è giusto al momento giusto»: l'affermazione del ministro dell'agricoltura libanese Hussein Hajj Hasan, del movimento sciita libanese, fa capire che le milizie alleate del presidente Bashar al-Assad si tengono pronte per eventuali rappresaglie contro Israele in caso di attacco alla Siria. Ma quello che sembra prevalere è un atteggiamento di prudenza, nell'attesa di vedere quale sarà la portata dell'intervento, se effettivamente ci sarà.Il capo di Hezbollah, Seyed Hassan Nasrallah, che nell'ultimo anno non ha risparmiato gli interventi pubblici a difesa di Damasco e ha schierato i suoi combattenti al fianco delle forze lealiste, mantiene per ora uno studiato silenzio. Mentre vari analisti politici e fonti vicine al movimento sciita si dicono convinte che una risposta armata ci sarà solo nel caso di un massiccio attacco occidentale che dovesse mettere in pericolo la tenuta stessa del regime. La Siria è infatti, insieme con l'Iran, lo sponsor e sostenitore delle forze sciite libanesi.«Hezbollah rimane in silenzio - scrive oggi sul quotidiano Al Akhbar Ibrahim Al Amin, giornalista noto per le sue simpatie verso il movimento -. Alcuni accenni tra le righe potrebbero indicare che esso è pronto a difendere la Siria contro un attacco straniero. Ma quanto a coloro che aspettano di sapere quale sarà la decisione, che aspettino pure».In un editoriale per il giornale As Safir l'ex vice presidente del Parlamento Eli Ferezli, un cristiano ortodosso sulle stesse posizioni, afferma che all'interno di Hezbollah «l'ordine di scuderia è di non dire nulla, probabilmente per evitare di fornire informazioni ai nemici». “Fonti diplomatiche” citate dal quotidiano L'Orient le Jour escludono che Hezbollah si possa avventurare in una rappresaglia con un lancio di razzi su Israele, a rischio di fare esplodere una guerra come quella dell'estate del 2006. Il movimento sciita quindi, assicura il giornale, non ha intenzione di tornare a “infiammare il fronte sud” nel momento in cui è impegnato sul suolo siriano e mentre la violenza minaccia tutto il Libano come conseguenza del conflitto nel vicino Paese. Il generale italiano Paolo Serra, comandante degli 11.000 caschi blu dell'Unifil, la forza di interposizione dell'Onu al confine con Israele, ha invitato ieri tutte le parti a «moderare eventuali tensioni» durante un incontro tripartito con ufficiali libanesi e israeliani. Anche se i rappresentanti di Hezbollah non erano presenti, è evidente che l'appello è rivolto anche a loro, visto che il movimento sciita ha una forte presenza in questa regione del Libano.

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