mercoledì 11 aprile 2012
«Ho ricevuto assicurazioni dal governo siriano che rispetterà il cessate il fuoco». Lo ha detto Kofi Annan, mediatore dell'Onu e della Lega araba per la Siria, aggiungendo che «ogni ulteriore militarizzazione del conflitto sarà disastrosa e avrà conseguene inimmaginabili».
TESTIMONIANZA «I ribelli ci uccidono. L’esercito deve restare»
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«Ho ricevuto assicurazioni dal governo siriano che rispetterà il cessate il fuoco». Lo ha detto Kofi Annan, mediatore dell'Onu e della Lega araba per la Siria, aggiungendo che «ogni ulterioremilitarizzazione del conflitto sarà disastrosa e avrà conseguene inimmaginabili».Alle sei del mattino di ieri è scattata la tregua , ma in Siria si continua a combattere. «Il piano – dice Kofi Annan in visita ai campi profughi in Turchia – è più vivo che mai». Ore decisive, in cui occorre tenere i nervi saldi: «Troppo presto per dire se sia fallito o meno: in queste ore stiamo lottando per metterlo in atto», dichiara l’ex segretario Onu. Per ora, si limita a constatare Annan «l’esercito siriano si è ritirato da alcuni siti, ma si è spostato in altri». Ma nella lettera inviata al Consiglio di sicurezza denuncia la mancanza di «segni concreti di cambiamento di atteggiamento militare» e chiede pure all’opposizione di «rispettare gli impegni» per porre fine alla violenza. Sarà la sua relazione in video conferenza al Consiglio di sicurezza – passate 48 ore – a dare il responso. Non prima, dunque, delle 6 di domani mattina la valutazione decisiva. In silenzio per tutta la giornata il presidente Bashar Assad, è Mosca a mettere a disposizione di Damasco i suoi buoni uffici con un vertice bilaterale fra il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov e quello siriano Walid Mualem. L’applicazione del piano è iniziata assicura il ministro di Damasco che parla di un ritiro dell’esercito da Homs. Mualem chiede non un testo scritto ma garanzie all’inviato speciale Annan sul disarmo dell’opposizione perché – ecco l’affondo – «Ankara addestra e arma i ribelli e invia militanti in Siria». Una replica all’accusa fatta dal premier Erdogan di aver compiuto in un raid lunedì contro un campo profughi una «chiara violazione dei confini». Lavrov, nella veste di mediatore, chiede a Damasco più sforzi, il rilascio dei prigionieri e si dice disposto ad inviare ispettori russi nell’ipotesi di osservatori delle Nazioni Unite a monitorare la tregua. I Paesi vicini all’opposizione, chiede però Mosca, devono fare pressioni perché pure l’opposizione disarmi immediatamente.Ore decisive per un verdetto che può venire solo dal terreno, ma l’intermezzo è già al veleno. «Inaccettabili e irrealizzabili» per Burhan Ghalioun, presidente del Consiglio nazionale siriano (Cns) le nuove condizioni poste dal regime siriano per l’applicazione del piano Onu. «Il regime cerca solo di prendere tempo», mentre l’Esercito libero siriano (Els) «protegge i civili e non compie atti di terrorismo», come sostiene Damasco.Ancora più duro il mistero degli Esteri francese: gli annunci del regime di Damasco sono «una nuova espressione di menzogna flagrante e inaccettabile» che dimostrano un «senso di impunità» contro il mondo deve reagire. Nessuna prova seria pure per William Hague, ministro degli Esteri britannico, secondo cui il regime ha utilizzato la scadenza del 10 aprile come «una copertura per intensificare gli sforzi militari». Anche per Susan Rice, ambasciatrice Usa presidente di turno del Consiglio di sicurezza, la Siria «ha intensificato la violenza e l’uso delle armi pesanti». Quindi, se Damasco rifiuta di attuare il piano Annan «Russia e Cina devono essere pronti a far seguire azioni alle loro parole».«Ore di particolare preoccupazione» conferma il premier italiano Mario Monti che ieri al Cairo ha avuto un «confronto dettagliato» con il segretario della Lega Araba al-Arabi e ha ribadito il «pieno sostegno» all’azione di Annan. Nabil al-Arab, chiede apertamente una nuova risoluzione Onu che metta in atto il «cessate il fuoco di entrambe le parti».Meno di 48 ore per una tregua che pare impossibile: gli attivisti anti-Assad dell’Osservatorio per i Diritti umani di Beirut denunciano altre 52 vittime. La triste speranza è che sia l’ultima fiammata prima dell’inizio delle trattative.
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