venerdì 10 aprile 2015
Una nota smentisce la promessa dell'inviato di Abu Mazen, che aveva annunciato collaborazione con Damasco contro l'Is nel campo profughi. Caritas Siria: pronti ad accogliere i profughi. Ucciso Safouh Al -Mosleh, operatore Caritas
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L'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) "è contraria a trascinare il popolo palestinese e i suoi campi nel conflitto in corso in Siria e a prendere parte al conflitto armato nel campo di Yarmuk con la scusa di salvarlo". È quanto ha dichiarato l'Olp in una nota, smentendo di fatto quando dichiarato ieri dall'inviato del presidente palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) in Siria, Ahmad Majdalani, che aveva annunciato che la leadership palestinese aveva concordato con il regime di Damasco l'uso della forza militare per espellere i jihadisti dello Stato Islamico (Is) dal campo profughi di Yarmuk, dove i miliziani sono entrati lo scorso primo aprile. Nella nota, infatti, l'Olp esprime il suo rifiuto di "farsi trascinare in un'azione armata di qualunque tipo o sotto qualsivoglia copertura". Al contrario, l'Olp "lavorerà allo scopo di fermare ogni forma di attacco e di azione armata in collaborazione con tutte le parti interessate, soprattutto l'Unrwa (l'Agenzia delle Nazioni Unire per i Rifugiati), e tutti quelli che hanno interesse a non arrecare al campo profughi altre distruzioni e sofferenze". "L'Olp - si legge ancora nella nota - fa appello a fare ricorso a tutti i mezzi" non armati "per fermare lo spargimento di sangue del nostro popolo e per scongiurare nuove distruzioni ed emigrazioni della popolazione del campo di Yarmuk". "Abbiamo concordato con il governo siriano il modo per mandar via i terroristi dell'Is dal campo profughi di Yarmuk - aveva detto ieri Majdalani alla radio Voice of Palestinese - La soluzione militare è l'unica per mandare questi terroristi fuori" da Yarmuk, il più grande campo profughi in Siria, otto chilometri a sud di Damasco. Nel campo profughi di Yarmuk vivevano 160mila palestinesi prima dello scoppio della rivoluzione contro Bashar al-Assad nel marzo del 2011, contro i 15mila di oggi. Due giorni fa era stato il ministro siriano per la Riconciliazione nazionale, Ali Haidar, ad affermare per primo che a Yarmuk era possibile solo "una soluzione militare" contro "i militanti e i terroristi". L'impegno della Caritas Siria. Noi di Caritas Siria siamo pronti ad aiutare la gente; veramente, non ho comunicazione regolare con Damasco, non c’è internet ad Aleppo da almeno due settimane e più. Ho parlato con il direttore esecutivo di Caritas che si trova a Damasco, mi ha detto che la situazione è molto complicata. Ci sono tanti problemi. Noi come Caritas non abbiamo la possibilità di andare sul campo; la cosa che possiamo fare è accogliere le famiglie che arrivano: questa è la nostra politica. Non possiamo andare sul posto della guerra, con una situazione di guerra civile, di pericolo, di distruzione, di violenze … Anche la gente di Damasco non sa esattamente cosa succede a Yarmouk.
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