sabato 1 settembre 2012
I ribelli hanno avvertito le poche compagnie aeree che ancora effettuano voli su Damasco e Aleppo prima di dare l'assalto agli scali. Non si arrestano le violenze nel Paese: secondo i Comitati di coordinamento degli attivisti, sono state 89 le persone uccise oggi negli scontri tra ribelli e le forze lealiste. Profughi, la Giordania lancia l'allarme: «Siamo al limite delle possibilità di accoglienza».
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I ribelli dell'Esercito siriano libero (Esl) hanno lanciato un ultimatum alle poche compagnie aeree che ancora effettuano voli su Damasco e Aleppo prima di dare l'assalto agli aeroporti civili delle due città: lo scrive Russia Today, precisando che l'ultimatum di 72 ore inizia oggi.DAMASCO SOTTO LE BOMBE. ​Non si arresta l'orrore della guerra in Siria. I cadaveri di 18 persone, molti dei quali con le mani legate e alcuni con evidenti segni di torture, sono stati trovati in una zona della capitale siriana Damasco. Lo riferisce l'Osservatorio siriano per i diritti umani, ong con sede a Londra. Alcuni quartieri di Damasco e i sobborghi attorno alla capitale sono sotto bombardamenti dell'artiglieria e dell'aviazione governativa. «Da circa mezz'ora non si sentono più boati ma da stamani abbiamo udito esplosioni provenire da nord, dai quartieri meridionali e dalla Ghuta orientale», riferisce un testimone. Attivisti riferiscono di bombardamenti dei quartieri di Asali, Barze, Qabun, Qadam, Tadamun, tutti quartieri della capitale, oltre che sul campo palestinese di Yarmuk. E di intensi bombardamenti sui sobborghi Jisrin, Kfar Batna e Dumayr a est, Harasta a nord, Sbene e Muaddamiya a sud e Qatana a ovest.Secondo quanto riferito dai Comitati di coordinamento locali degli attivisti, sono state 89 le persone uccise oggi negli scontri tra i ribelli anti-regime e le forze lealiste. Gli attivisti precisano che tra le vittime figurano anche donne e bambini. Nel dettaglio fornito dai comitati di coordinamento, 35 morti nella regione di Damasco; 14 in quella orientale di Dayr az Zor, 12 in quella settentrionale di Aleppo, dieci in quella di nord-occidentale Idlib, otto in quella centrale di Homs, cinque nella vicina regione di Hama, altrettanti in quella meridionale di Daraa.LE DIFFICOLTA' DELLA STAMPA. Nove giornalisti e attivisti dei media sono stati uccisi in Siria solo lo scorso agosto, il mese più sanguinoso per i reporter dall'inizio della crisi siriana. Lo denuncia l'Associazione dei giornalisti siriani, organismo che si distingue dal sindacato dei giornalisti del regime di Bashar al-Assad,secondo cui dal marzo dello scorso anno nel Paese arabo sono rimasti uccisi 65 reporter.In un comunicato l'Associazione riporta tutti i nomi dei nove giornalisti, fotoreporter e attivisti dei media uccisi il mese scorso e le circostanze in cui sono stati assassinati grazie alle informazioni raccolte dalla sua Commissione per la libertà dei media. La maggior parte delle nove vittime - tutti siriani tranne la giapponese Mika Yamamoto, morta il 20 agosto in quartiere di Aleppo sotto i bombardamenti delle forze del regime siriano - sono state uccise nella zona di Aleppo e in quella della capitale Damasco.EMERGENZA PROFUGHI. Un appello alla comunità internazionale affinchè dia il suo contributo per l'assistenza dei profughi siriani è arrivato dalla Giordania, dove ormai si contano - secondo dati di Amman - oltre 177mila rifugiati. «Siamo arrivati al limite delle possibilità di accoglienza, il numero dei siriani che arriva in Giordania è in crescita - ha detto il ministro dell'Informazione, Samih Maaytah, durante una conferenza stampa ad Amman - Abbiamo aperto i nostri confini ai siriani e il mondo dovrebbe aprire il portafogli per assisterli». Secondo il ministro per la Pianificazione e la cooperazione internazionale, Jafar Hassan, ogni giorno arrivano nel regno circa 1.500 siriani. Di recente la Giordania ha aperto un campo di accoglienza per i rifugiati nella zona di Zaatari, dove attualmente si trovano 25mila persone e dove potranno esserne sistemate altre 55mila, e sta valutando l'apertura di una seconda struttura. «La Giordania non può continuare ad affrontare da sola questo onere - ha detto Hassan - dal momento che incide sul suo bilancio in assenza di aiuti internazionali».
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