mercoledì 28 agosto 2013
​Gli Usa: nessun dubbio, il regime ha usato armi chimiche. Sarebbe stato Maher al-Assad, fratello del dittatore, a ordinare l'attacco chimico che ha provocato centinaia di morti. Il ministro degli esteri di Damasco punta il dito contro i ribelli e minacia l'occidente: presto i terroristi useranno i gas in Europa.
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Il Consiglio di sicurezza dell'Onu di oggi sarà teatro della resa dei conti sulla Siria dopo che la Gran Bretagna ha chiesto  l'autorizzazione per un intervento militare occidentale che la Russia ha definito affrettato e a cui molto probabilmente si opporrà. Intanto gli ispettori delle Nazioni Unite hanno terminato un secondo sopralluogo alla ricerca di prove nella zona di Damasco dove è avvenuto il presunto attacco con gas letali, in cui sono morte centinaia di persone.Secondo una fonte Onu citata da Bloomberg sarebbe stato il fratello di Bashar al-Assad, Maher, ad ordinare l'attacco chimico. Il fratello minore del presidente è il capo della Guardia repubblicana del regime e controlla la quarta divisione corazzata dell'esercito, un'unità di elite. Potrebbero essere queste truppe a finire nel mirino di Usa e Gran Bretagna. Ma il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon ha detto che la squadra di funzionari che sta operando sul campo ha bisogno di quattro giorni per terminare la propria indagine e di tempo per analizzare le prove. Un funzionario del Palazzo di vetro ha detto che ci sono alcune frizioni con governi occidentali che dimostrano scarso interesse nell'aspettare i risultati dell'indagine. Anche Damasco ormai ammette che sono state usate armi chimiche, ma punta il dito contro i ribelli. L'ambasciatore siriano all'Onu Bashar Jaafari ha chiesto al segretario generale Ban Ki-moon l'invio degli ispettori su tre siti che sarebbero stati attaccati dai ribelli con armi chimiche. Il regime va oltre e avverte: presto i terroristi useranno il letale arsenale anche contro la popolazione in Europa. «Usa, Gran Bretagna a Francia hanno aiutato i terroristi che usano armi chimiche in Siria, e gli stessi gruppi presto potrebbero colpire l'Europa», ha dichiarato il ministro degli Esteri siriano Faisal Maqdad. L'eventualità di un intervento militare in Siria ha messo l'Occidente in rotta di collisione con Mosca, alleato di lungo corso di Assad e suo principale fornitore d'armi, e con la Cina, membro con diritto di veto del Consiglio di sicurezza Onu e contraria all'intervento militare.Intanto, in vista di un attacco che potrebbe durare giorni, la Turchia ha messo in allerta le sue forze armate. «Adotteremo tutte le misure necessarie nell'ambito della cornice dei nostri interessi strategici», ha detto il ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu, precisando che «tutte le opzioni» relative a una possibile azione internazionale restano aperte. Il governo di Amma, invece, ha precisato che il territorio giordano «non sarà utilizzato» come base per un eventuale attacco militare contro la Siria. La posizione di Amma, dunque, è quella di «non interferire» negli affari interni della Siria.Gli Usa: abbiamo le prove dell'uso dei gas«Non c'è dubbio» che il regime siriano abbia usato i gas: lo ha detto il vice-presidente americano Joe Biden. «Armi chimiche sono state usate, e il regime di Damasco è il solo che le ha», ha detto Biden parlando all'American Legion a Houston. La Casa Bianca potrebbe rendere note le prove già giovedì. Lo riporta il Washington Post citando alcune fonti, secondo le quali a compilare il rapporto è l'Office of the Director of National Intelligence. Il report è uno degli ultimi passi prima di una decisione da parte del presidente americano Barack Obama su un possibile attacco contro Damasco. La tempistica di un eventuale attacco dipende dal rapporto ma anche dalle consultazioni in corso con gli alleati e il Congresso. La “pistola fumante” sarebbe costituita da alcune conversazioni intercettate dai servizi segreti americani lunedì scorso, che dimostrerebbero il ruolo del regime siriano nell'attacco con armi chimiche a est di Damasco. Lo riporta in esclusiva la rivista Foreign Policy. Le intercettazioni riguardano telefonate di un funzionario della difesa siriana con un comandante dell'unità siriana armi chimiche. Nella conversazione si chiede conto e ragione dell'attacco al sarin in cui sarebbero morte oltre mille persone. Si delineano dunque, sempre più chiaramente, i fronti dei Paesi interventisti e di quelli contrari in modo netto a un'azione militare. A guidare la coalizione dei paesi favorevoli all'intervento ci sono gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Francia. Con loro anche il Qatar (principale sostenitore dei gruppi estremisti anti-regime in Siria), Arabia Saudita e Turchia.La Gran Bretagna si è dimostrata la più risoluta tra i partner occidentali: per Londra è arrivato il momento di dare una risposta anche se l'Onu fallisce nel tentativo di trovare l'accordo su un'azione in Siria. A Parigi il parlamento francese è stato convocato mercoledì prossimo, 4 settembre, per una seduta straordinaria dedicata alla Siria. Mentre Ankara da giorni sostiene la necessità di punire "il crimine contro l'umanità" commesso da Damasco con cui Erdogan ha rotto da tempo.Capofila dei Paesi contrari all'intervento militare sono Russia, Cina e Iran. Mosca continua ad ammonire sulle possibili ricadute nella regione di un'operazione militare criticando inoltre i tentativi di aggirare l'Onu. Anche Pechino, che come la Russia ha diritto di veto nel Consiglio di sicurezza dell'Onu, ha chiesto agli Stati Uniti e ai loro alleati di astenersi da un intervento armato. Teheran - che nei giorni scorsi ha più volte minacciato ritorsioni in caso di intervento - ha definito "disastrosa" un'azione militare in una regione che è una "polveriera". Contrari ad un'operazione militare in Siria senza l'avallo dell'Onu, Roma e Berlino continuano a premere per una soluzione politica pur riconoscendo che il famigerato attacco del regime siriano del 21 agosto non può essere lasciato senza conseguenze. La Germania della cancelliera Angela Merkel continua a ribadire che la guerra civile in atto può essere fermata «solo con una soluzione politica» e rilancia una conferenza di pace a cui partecipino Usa e Russia. L'Italia ha condannato il massacro del 21 agosto ma il premier Letta, d'accordo con il ministro degli Esteri Emma Bonino e della Difesa Mario Mauro, ritiene che Roma non prenderà parte ad un'azione militare in Siria al di fuori di un mandato Onu.
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