venerdì 6 settembre 2013
Il G20 spaccato a metà sull'intervento. Italia, Usa e altri otto condannano l'uso dei gas. Ma è tensione con la Russia. Putin: il Papa ha detto no ai raid, sosterremo Damasco anche in caso di attacco. Obama: il regime minaccia la pace. Il Congresso voterà mercoledì. Evacuata l'ambasciata Usa a Beirut.
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TWITTER DIARIO DALLA SIRIA di Giorgio Ferrari
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Il "grande freddo" tra Russia e Usa ha provocato l'inevitabile fiasco del G20 di San Pietroburgo sulla questione siriana: nel documento finale non c'è nessun cenno alla crisi mediorientale. "Siamo spaccati a metà" ha spiegato il presidente russo Vladimir Putin. Al termine è però arrivata una dichiarazione firmata da 10 Paesi, tra cui l'Italia (con Australia, Canada, Francia, Giappone, Corea del Sud, Arabia Saudita, Spagna, Turchia e Stati Uniti), in cui si condanna "l'attacco con armi chimiche avvenuto a Damasco il 21 agosto e di cui il regime di Assad viene ritenuto responsabile". Letta è stato duro: "La situazione è complessa, ma tutti hanno chiaro e presente che non si può lasciare impunito il crimine contro l'umanità commesso da Assad: l'aver gasato civili, bambini, come abbiamo visto è una cosa che non può essere lasciata impunita".I dieci sostengono l'azione del Consiglio di sicurezza dell'Onu, che dovrebbe avere la responsabilità di guidare la risposta internazionale. Ma riconoscono come il Consiglio di sicurezza "sia paralizzato".Il riferimento, puramente voluto, è all'atteggiamento della Russia, che guida lo schieramento dei contrari all'intervento. Putin ha ammonito: "Aiuteremo la Siria? Lo faremo. Li stiamo già aiutando, forniamo loro armi e collaboriamo sul piano economico...". Ma Mosca, ha sottolineato, non si farà coinvolgere in un confronto militare. Putin ha poi aggiunto: "Non dobbiamo dimenticare il messaggio del Papa, che si è espresso apertamente sull'inammissibilità dell'azione militare".Obama però va avanti per la sua strada. Al leader cinese Xi Jinping ha spiegato che sulla Siria è importante continuare a lavorare con l'Onu, ma allo stesso tempo ha ribadito la necessità di un intervento militare contro il regime di Assad, responsabile dell'uso di armi chimiche. Xi Jinping non è apparso convinto: "La crisi in Siria non si risolve con i bombardamenti. E spero che prima di agire alcuni Paesi ci pensino due volte. Una soluzione politica è l'unica via da seguire". Obama ha poi puntato il dito contro Mosca: sulla Siria si rifiuta di agire, anche in sede Onu, e semplicemente vuole evitare il problema. Nemmeno il faccia a faccia imprevisto con Putin, in chiusura del vertice, è servito a colmare le distanze. "Ci siamo ascoltati, ma con Obama non c'è convergenza" ha tagliato corto il presidente russo. Ma Obama è fermo: "Assad è una minaccia per la pace mondiale. Martedì parlerò al popolo americano". Ma bisognerà anche attendere il via libera dei parlamentari. "La mia richiesta di un voto del congresso sui raid non è stata simbolica. Tuttavia sarebbe un errore riflettere ora su cosa può capitare dopo un eventuale voto contrario". Il voto arriverà a metà della settimana prossima. Lo ha rivelato il presidente francese Hollande: "Me lo ha detto Obama". E comunque la Francia aspetterà il rapporto degli ispettori Onu.La Russia continua però ad ammonire gli americani. "Mettiamo in guardia il governo degli Stati Uniti e i suoi alleati dalla realizzazione di qualsiasi attacco contro impianti chimici e i territori ad essi circostanti" fa sapere il ministero degli esteri. Intanto la flotta russa continua le grandi manovre. La grande nave da sbarco "Nikolai Filchenkov" ha levato le ancore per dirigersi verso le coste della Siria in servizio operativo. A bordo missili, cannoni e 300 paracadutisti.E da Damasco il parlamento siriano si rivolge direttamente al Congresso Usa, chiedendo di votare contro la proposta del presidente americano Barack Obama di condurre attacchi militari contro obiettivi del regime.Ma la tensione continua a salire: gli Usa hanno deciso di evacuare il personale "non essenziale" dall'ambasciata di Beirut in seguito a una "minaccia" concreta. Evacuato anche il consolato di Adana, vicino al confine turco.

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