giovedì 2 gennaio 2014
​Lo ha affermato in una conferenza stampa il direttore del centro medico Tel Aviv, dove l'ex premier israeliano, in coma da quasi otto anni, è ricoverato.
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L'ex premier israeliano Ariel Sharon "versa in condizioni critiche, è in pericolo di vita": lo ha affermato in una conferenza stampa il direttore del centro medico Tel ha-Shomer (Tel Aviv), professor Zeev Rothstein.Da quasi otto anni in coma, l’ex premier israeliano Ariel Sharon (85 anni) sem­bra essere ora in punto di morte. Le sue condizioni si sono improvvisamente aggrava­te. La notizia è stata confermata dal Centro medico Tel ha-Shomer di Tel Aviv, dove è at­tualmente ricoverato. I medici hanno fatto sa­pere che Sharon soffre in particolare di gravi disfunzioni renali, seguite a un intervento chi­rurgico. Secondo Canale 10 , gli restano uno o due giorni di vita. Sharon era stato colpito il 18 dicembre 2005 da un lieve ictus da cui si era rapidamente ripre­so. Ma il 4 gennaio 2006 era stato colpito da un secondo ictus, molto più devastante, mentre si trovava nel proprio ranch nel Neghev: all’o­spedale Hadassah di Gerusalemme arrivò in uno stato di coma dal quale non si è più ri- preso. In questi anni Sharon è stato assistito dai due figli, Ghilad e Omri, che hanno deciso di tenerlo in vita con una continua assistenza medica. Ma non ha dato segni di risveglio. L’ex generale è da ormai quasi otto anni im­mobilizzato in una stanza di ospedale. Davanti allo schermo di un televisore sintonizzato sul National Geographic.  I figli avevano pensato anni fa di farlo trasferire nel ranch familiare del Neghev, ma il progetto si era rivelato irrea­lizzabile. Due mesi fa Sharon è stato sottopo­sto a un intervento chirurgico che a quanto pare non è riuscito. Da allora le disfunzioni si sono moltiplicate, e i medici sembrano ormai impotenti e rassegnati. Da un mese era stato trasferito in rianimazione. Ora la situazione sta precipitando. Sharon è stato in prima linea in tutti i conflitti dello Stato ebraico. Negli an­ni Settanta è stato tra i fondatori del partito Likud, iniziando un’ascesa politica che si bloccò nel 1982 quando, da ministro della Di­fesa, decise l’invasione del Libano e fu consi­derato «indirettamente» responsabile delle stragi di Sabra e Shatila compiute dai falangi­sti delle milizie cristiane. Ricostruita la sua forza politica, si venne a tro­vare di nuovo nell’occhio nel ciclone nel set­tembre 2000 quando, dopo una «passeggiata» nella Spianata delle Moschee di Gerusalem­me, cominciò l’Intifada palestinese, a cui reagì con durezza, ordinando l’isolamento del pre­sidente palestinese Yasser Arafat. Nel 2005 portò avanti e vinse la sua più importante bat­taglia politica: il ritiro dalla Striscia di Gaza, con lo sgombero forzato di migliaia di coloni ebrei. Lo sgretolamento conseguente del Likud lo portò a fondare un nuovo partito, il centri­sta Kadima, con il quale avrebbe dovuto par­tecipare alle elezioni del 2006. L’ictus del 4 gen­naio lo ha fermato.
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