venerdì 22 novembre 2019
Deep Sea, così lo chiamano, è riuscito a sfuggire all’assedio attraverso le fogne: «All’iniziale entusiasmo e all’adrenalina, per la partecipazione a un momento storico, si sta sostituendo la paura»
Ciò che resta degli ultimi scontri davanti al Politecnico di Hong Kong (Ansa)

Ciò che resta degli ultimi scontri davanti al Politecnico di Hong Kong (Ansa)

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«Dentro al Politecnico sono rimaste poche decine di persone. E non sono ragazzini. Sono gente della mia età, pronte a tutto. E non sono studenti del politecnico. Se la polizia entra, succede il finimondo. Ci sono armadi interi di molotov, frecce, giavellotti, sassi di ogni dimensione. E anche bombe. Noi le chiamiamo così: sono bombole del gas che abbiamo collegato e che possiamo fare esplodere in ogni momento. Una di queste bombe ha bloccato, la prima sera, il blindato della polizia che cercava di aprirsi il varco su ponte. L’abbiamo fatto saltare in aria». «Deep Sea», (profondo mare), ha 26 anni. Fa il designer, o almeno lo faceva. Ora fa un altro «lavoro», online, che non vuole specificare. «Faccio un sacco di soldi. Soldi cinesi. Opero un sistema che qui è legale ma in Cina no, quindi due soddisfazioni: faccio qualcosa di anti-cinese e prendo i soldi dei cinesi». È sveglio, Deep Sea. E determinato. «Il PolyU è diventato una sorta di Fort Apache: dopo la chiusura di tutti gli altri atenei la gente ha raggiunto il politecnico, sia per la sua storia, sempre in prima fila nelle battaglie per la democrazia, sia per la sua logistica. È una struttura facilmente difendibile. Le entrate sono poche e si possono bloccare...».

Sì, solo che ad essere bloccati alla fine siete stati voi...

Chi vuole uscire alla fine ci riesce. Io ne sono la prova. In questi giorni, nonostante l’assedio della polizia, ci sono occupanti che sono usciti e rientrati almeno un paio di volte. Ma il punto non è questo...». E qual è? Che all’iniziale entusiasmo, all’adrenalina da partecipazione ad un momento che tutti riteniamo storico, si sta sostituendo la paura. Paura vera. Chi è rimasto dentro rischia davvero di essere massacrato o quanto meno di passare 10 anni in carcere duro. E chissà, un giorno essere perfino deportato. La polizia ci odia oramai, e noi odiamo loro. Questo nostro governo inetto ha provocato questa situazione senza apparente via d’uscita».

Quando hai deciso di scappare, e come hai fatto?

Dopo aver respinto il primo attacco, eravamo felici, entusiasti, abbiamo festeggiato tutta la notte. Ci sentivamo degli eroi. Ma poi lunedì mattina la polizia è rientrata, per pochi minuti, ha sparato centinai di lacrimogeni e usato i loro maledetti cannoni a liquido azzurro, che contengono diossina. Peggio dei lacrimogeni. Eravamo tutti zuppi, infreddoliti. Abbiamo fatto delle riunioni. La maggior parte era per andarsene. Andarsene, non arrendersi. Abbiamo cominciato a cercare le vie d’uscita. Io ci ho provato tre volte, prima di riuscirci. In genere la polizia lascia sempre un’apertura, e anche questa volta ci pareva di averne individuata una. Un cancello sul retro, che dà sulla foresta. Deserto. Un centinaio di persone, me compreso, hanno scavalcato, pensando di avercela fatta. All’improvviso sono apparsi i poliziotti. Hanno cominciato a sparare i lacrimogeni, ad afferrare tutti quelli che li capitavano a tiro, prendendoli a calci e pugni. Una vera e propria imboscata.

E alla fine, come hai fatto?

Ci ho riprovato attraverso le fogne. Una cosa schifosa, ci hanno provato in tanti. Qualcuno pare ci sia anche scomparso dentro. Non lo sapremo mai. Io ci sono restato dentro più di un’ora. Alla fine ho trovato un tombino, sono uscito. Ma ero ancora dentro al campus... poi fine ho seguito un gruppo di ragazzi. Ci siamo calati con delle piccole funi di nylon da una specie di viadotto sulla strada e lì ci sono venuti a prendere. È durata poche ore, perché poi la polizia se ne è accorta e ha arrestato sia chi scappava sia chi aspettava sul bordo della strada.

A casa come ti hanno accolto i tuoi?

Mio padre fa il poliziotto. Mia madre è una imprenditrice filo-cinese. Certo che lo sapevano che ero dentro. Non è facile, per loro. Ma nemmeno per me.

E che cosa ti ha detto tuo padre?

Stai attento, non farti acchiappare.

E ora?

Continuo. Questa è una battaglia a lungo termine. Una battaglia per la nostra libertà. La maggior parte di noi è disposta a morire, pur di non vivere sotto la dittatura cinese. Non ci faremo sottomettere. Piuttosto, cambieremo noi loro.

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