venerdì 5 aprile 2013
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È stato il settimanale L’Espresso, «media partner per l’Italia del Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi (Icij) ad anticipare i risvolti nostrani della maxi-inchiesta condotta su due milioni e mezzo di file da trenta testate di tutto il mondo. Dalla montagna di documenti esaminati emergerebbero i nomi di circa 200 cittadini italiani con capitali e strutture registrate in Paesi off shore.L’Espresso ieri ne ha anticipati solo quattro (gli altri 196 saranno nel numero in uscita oggi): il primo è quello di «Gaetano Terrin», nominato nel settembre 1997 «protector», ossia custode, del Claudius Trust, creato nelle Cook Islands dall’avvocato americano Adrian A. Alexander e rimasto in attività fino al 2006. Terrin oggi siede nel collegio sindacale delle Generali, ma all’epoca lavorava nello studio di Giulio Tremonti, di cui si definiva «stretto collaboratore». I <+corsivo>file<+tondo> citati dall’Espresso indicano come recapito lo studio Tremonti di Milano, ma Terrin precisa: «Ho accettato quell’incarico per amicizia, lo studio Tremonti non c’entra». Poi ci sarebbe Fabio Ghioni, esperto di investigazioni informatiche finito nelle cronache qualche anno fa come uno degli hacker accusati di spionaggio illegale nel cosiddetto scandalo Telecom. Sarebbe stato beneficiario, almeno fino al 2009, di una società registrata nelle Isole Vergini. Lui però, interpellato dai giornalisti dell’Icij e dell’Espresso, ha detto di non saperne nulla, negando qualsiasi coinvolgimento. Un altro trust, scrive il settimanale, «indica come amministratori due vip della piazza finanziaria milanese: i fratelli Oreste e Carlo Severgnini, commercialisti, professionisti che hanno avuto incarichi nei più importanti gruppi italiani e in passato anche consiglieri di Stefano Ricucci. A loro fanno riferimento pure altre due entità domiciliate nei paradisi fiscali». Infine, una certa «Silvana Inzadi in Carimati di Carimate risulta avere dato vita nel 2002 a una complessa struttura di trust nelle Cook Islands che intreccia tre famiglie in una sorta di dynasty finanziaria. In prima fila, la stirpe dei Pederzani, titolari della gioielleria meneghina di via Montenapoleone, storici fornitori di parure di diamanti di ricche casate». A sorpresa, riferisce ancora L’Espresso, tra i beneficiari sarebbero riportati anche tre enti caritatevoli: «Unione italiana ciechi; Lila ossia Lega italiana per la lotta contro l’Aids e il Centro per il bambino maltrattato. I responsabili negano di sapere nulla del trust». Secondo fonti del settimanale, averli indicati potrebbe essere solo «un escamotage per evitare controlli della magistratura». Ma, si legge ancora, «anche gran parte dei beneficiari della struttura offshore sostengono di non avere mai avuto a che fare con le società costituite nell’atollo polinesiano».
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