martedì 26 aprile 2016
​Il premier: sensibili alle richieste. Renzi: «subito il primo contingente a Tripoli».
Sarraj chiede aiuto. L'Italia: contingente con 300 uomini
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L’Onu e la comunità internazionale «ci aiutino a difendere i pozzi petroliferi» della Libia. Appello più esplicito per un intervento diretto di una coalizione internazionale da parte di Fayez al-Sarraj e del suo governo di unità nazionale non poteva esserci. Il petrolio – afferma una nota diffusa ieri dal Consiglio di presidenza libico che non ha ancora ottenuto la fiducia del parlamento di Tobruk – «è la prima risorsa della Libia, e non consentiremo che la si minacci». Sarraj invita quindi i Paesi confinanti ad intensificare la cooperazione con Tripoli per sventare possibili attacchi ai pozzi petroliferi e fermare il flusso di «foreign fighter» lungo le frontiere.  Da qui la richiesta alle Nazioni Unite e alla comunità internazionale di «sostenere, in conformità con le risoluzione del Consiglio di sicurezza, il governo libico» in modo da «non consentire ad altre parti di prendere controllo o sfruttare le risorse petrolifere al di fuori della legalità ». Il governo di unità nazionale di Fayez al-Sarraj teme «probabili attacchi terroristici contro alcuni siti petroliferi offshore per far fallire il progetto di riconciliazione nazionale». Anzi, secondo dei dossier in mano all’Ente nazionale del petrolio libico e ai servizi di sicurezza libici, vi sarebbe «un coordinamento » tra seguaci dell’ex regime di Gheddafi e dei gruppi ribelli africani – come “Giustizia e uguaglianza” attivo nel Darfur – per «attaccare installazioni petrolifere libiche». Un documento significativamente diffuso poche ore prima del vertice del G5 di Hannover mentre in mattinata una telefonata tra lo stesso Fayez al-Sarraj e il premier italiano Matteo Renzi permetteva un lungo colloquio sulla situazione libica. Nel pomeriggio, dalla Bassa Sassonia, Matteo Renzi faceva sapere che l’Italia è «un partner sensibile» alle richieste della Libia che ora attendono solo di essere formalizzate. Richieste di protezione internazionale, precisava il premier italiano al termine del G5, che non riguardano i pozzi dell’Eni, ma «altre strutture» petrolifere. Fonti vicine alla Farnesina e alla Difesa fanno sapere che per la Libia è pronta a partire una missione internazionale “leggera” che, nel giro di poche settimane, potrà inviare un primo contingente di 300 uomini a difesa della sede delle Nazioni Unite di Tripoli. Un impegno internazionale graduale e suddiviso in fasi successive che, dopo l’invio del primo contingente, prevede di impiegare a regime 800 addestratori internazionali. L’Italia, a quanto si apprende da chi sta lavorando al dossier, avrà un “ruolo chiave” nella coalizione internazionale e metterà a disposizione della missione in Libia un contingente «tra i 200 e i 400 uomini» impegnati con varie mansioni. Un impegno italiano, dunque, sicuramente significativo all’interno di una missione “leggera” in Libia che pare ormai imminente. Non estranea alla decisione di Tripoli di accelerare i tempi e lanciare un appello è stata la presa di posizione delle Guardie di difesa del petrolio – circa 18mila uomini rimasti a lungo neutrali nella contesa del potere fra Tripoli e Tobruk – che hanno annunciato di voler collaborare con il Consiglio di al-Sarraj. Giorni fa il leader delle milizie, Ibrahim Jadhran, era rimasto ferito in un attacco del Daesh a un sito petrolifero di Brega. Intanto segnali di un imminente intervento in Libia vengono pure dalla stampa britannica. Secondo il Daily Mail i commando britannici «si preparano » a lanciare entro alcune settimane un attacco contro il Daesh a Sirte. Secondo il quotidiano le forze speciali britanniche si uniranno a quelle francesi e americane. L’attacco in Libia, precisa sempre il Daily Mail, verrà coordinato dai commando Sbs, le forze speciali della Marina britannica che identificheranno gli obiettivi da colpire dai droni Predator e dai caccia F-15. Operazioni previste pure in Iraq dove, afferma il quotidiano inglese, le operazioni verranno invece condotte dalle Sas, che affiancheranno circa 70mila soldati iracheni e curdi. Per la riconquista di Mosul verranno impiegati i B-52 americani recentemente dispiegati in Qatar, mentre i caccia bombardieri della Raf partiranno dalla base di Cipro.  L’obiettivo di queste azioni, afferma il Daily Mail «è entrare a Mosul», in Iraq, «catturare Raqqa», in Siria e allo stesso tempo «colpire Sirte», quartier generale del Daesh e considerato da sedicente califfo Abu Bakr al Baghdadi. La Libia è considerata dal Califfato una sorta di retrovia dove potersi rifugiare, e quindi sconfiggerlo significa fare in modo che per i jihadisti «non ci sia via di fuga».
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