giovedì 22 marzo 2018
L'ex presidente è accusato di corruzione passiva, finanziamento occulto e ricettazione. Ma lui nega le accuse
Sarkozy in una foto del 2007 con Gheddafi (Ansa)

Sarkozy in una foto del 2007 con Gheddafi (Ansa)

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Indagato, posto sotto controllo giudiziario e sempre più nel mirino di un processo per i presunti fondi occulti libici del regime Gheddafi che avrebbero “dopato” e falsato la corsa all’Eliseo del 2007. Dopo un interrogatorio serrato in due round cominciato martedì mattina e durato in tutto 25 ore, con appena un breve intermezzo notturno per rifiatare, l’ex presidente Nicolas Sarkozy ha appreso la notizia dell’incriminazione ieri sera, nella propria casa parigina poco dopo essere uscito dal torchio della polizia giudiziaria anti-corruzione. A decidere, i tre giudici istruttori che dirigono l’inchiesta tentacolare cominciata nell’aprile 2013. Lo stesso trio giunto in serata sul luogo dell’interrogatorio, a Nanterre. Proprio nella banlieue chic ad ovest di Parigi dove Sarkozy aveva costruito la sua ascesa politica nel campo conservatore neogollista.

Ma adesso, l’ex presidente – che «ha negato tutto » – rischia un processo che potrebbe divenire, almeno sul piano morale, quello di tutto un sistema di potere. Già ieri, il sismografo politico ha registrato solo sparuti sostegni d’ufficio fra la vecchia guardia neogollista, in mezzo alle prime frecciate astiose dei nemici, sullo sfondo di una Francia che ormai non può fare a meno di ripercorrere mentalmente il film sempre più controverso dell’era Sarkozy. Proprio il quinquennio 2007-2012 che potrebbe collassare, nel “romanzo nazionale”, sotto la montagna d’accuse contro l’ex presidente: il tentacolare sistema internazionale di complicità per drenare i finanziamenti occulti in contanti provenienti da Tripoli, i mercanti d’armi divenuti corrieri o mediatori delle operazioni, le strumentalizzazioni di apparati istituzionali, persino i misteriosi incidenti occorsi a personaggi e testimoni chiave nel vortice dell’inchiesta, cominciata dopo la pubblicazione sul sito giornalistico Mediapart di un primo verbale amministrativo libico che citava le megatangenti.

Sono tre i presunti reati alla base dell’iscrizione nel registro degli indagati: corruzione passiva, finanziamento occulto, ricettazione. Fra i due lunghi round d’interrogatorio, Sarkozy è tornato a casa nella notte: un privilegio già rifiutato a tanti altri nel timore di possibili inquinamenti di prove o altre interferenze. Ma sono ore infauste per l’ex astro politico ammirato dai conservatori di tutt’Europa. Lo stesso leader che si era fatto avanti per prendere il timone di tante decisioni continentali in mezzo alle bufere delle crisi finanziaria e del debito. Intanto, certi nemici del sarkozysme sono già tornati all’attacco. «Il mio pensiero va ai milioni di cittadini che hanno il diritto di sapere se il match era ad armi pari», ha esternato la finalista socialista perdente Ségolène Royal, via Twitter, riferendosi al fiume finanziario carsico: decine di milioni di euro, secondo alcuni ex esponenti del regime Gheddafi divenuti oggi temibili accusatori. L’ultranazionalista Marine Le Pen ha invece evocato un altro interrogativo scottante: i reali moventi dell’offensiva militare in Libia a forte trazione transalpina che nel 2011 ha condotto alla fine del regime Gheddafi, in precedenza ’sdoganato’ in Occidente proprio dall’Eliseo. Per l’ex “presidente bling bling”, un tempo incurante di mostrarsi a bordo dei panfili di potenti amici finanzieri, il sipario potrebbe chiudersi su un naufragio.

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