venerdì 25 luglio 2014
Le Nazioni Unite confermano le mutilazioni genitali imposte da al-Baghdadi. Altre 60 vittime.
L’oscura legge del Califfato
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​Il Consiglio di sicurezza dell’Onu «non può rimanere fermo ed essere un semplice osservatore delle continue atrocità commesse contro i cristiani». Lo scrive il patriarca caldeo Louis Raphael Sako, in una lettera indirizzata al Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon e resa nota da Asianews, in cui denuncia una «pulizia etnica» contro i cristiani e chiede di «fare pressione su tutte le parti in causa per fermare questo massacro».Papa Francesco - riferisce Radio Vaticana - ha espresso oggi in un colloquio telefonico con mons. Louis Sako vicinanza e partecipazione al patriarca di Babilonia dei Caldei e ai cristiani iracheni. La nostra comunità – ha scritto Sako all'Onu – ha sofferto un numero sproporzionato di difficoltà causate da conflitti settari, attacchi terroristici, emigrazione e ora persino pulizia etnica: i militanti vogliono cacciare la comunità cristiana». Sako chiede anche che l’Onu sviluppi «con urgenza una strategia per proteggere e preservare il nostro patrimonio, colpito e dato alle fiamme dai militanti». I fondamentalisti islamici, denuncia il patriarca, «continuano a bruciare chiese e antichi monasteri e sarà difficile ricostruirli». Nel testo il patriarca chiede infine che in Iraq «il nuovo governo, una volta insediato, si impegni nella protezione delle minoranze e nella lotta all’estremismo». Dall’Onu arriva invece la conferma che bambine e donne dagli 11 ai 46 anni nelle zone dell’Isis rischiano le mutilazioni genitali. Lo ha detto da Erbil in una videoconferenza organizzata a Ginevra Jacqueline Badcock, coordinatore umanitario dell’Onu in Iraq, che ha parlato di una fatwa precisa che impone l’infibulazione. Badcock ha aggiunto di non avere il numero esatto delle donne bersaglio dalla fatwa, ma ha citato un’organizzazione umanitaria dell’Onu secondo cui «4 milioni di bambine e donne sarebbero a rischio». «Si tratta di una novità assoluta per l’Iraq fonte di grave preoccupazione, ha detto ancora Badcock, e che va affrontata». Un segnale positivo riguarda invece l’elezione di un nuovo presidente della Repubblica iracheno. Il Parlamento iracheno è infatti riuscito, dopo vari rinvii, a trovare l’accordo sul nominativo del successore di Jalal Talabani (rientrato sabato in patria dopo 18 mesi trascorsi in Germania per cure mediche a seguito di un ictus), attribuendogli la maggioranza dei voti. Si tratta di Fuad Massum, co-fondatore con Talabani dell’Unione patriottica del Kurdistan nel 1976 e presidente nel 1992 del governo autonomo curdo. Massum, 76 anni, aveva inoltre occupato nel 2004 la carica di presidente ad interim del Parlamento iracheno e di capogruppo Alleanza del Kurdistan per due mandati. È considerato un moderato capace di intrattenere buone relazioni sia con i politici sunniti sia con quelli sciiti del Paese. Il prossimo compito di Baghdad sarà quello di eleggere un nuovo primo ministro in successione a Nuri al-Maliki. Ciò si rivelerà probabilmente come una decisione molto più difficile.L’ordinamento dello Stato – per tentare di mantenere un equilibrio di potere fra le comunità – prevede un presidente curdo, che ricopre una carica largamente onorifica, un primo ministro sciita, e un presidente del parlamento sunnita. La situazione della sicurezza rimane molto critica nel Paese. Ieri almeno 60 persone (51 prigionieri e nove agenti di sicurezza) hanno perso la vita in un attacco contro un convoglio di detenuti diretto da Taji, nel nord dell’Iraq, a Baghdad. L’attacco è scattato con degli ordigni fatti saltare al passaggio del convoglio, probabilmente da jihadisti dell’Isis. Successivamente il commando ha aperto il fuoco contro la colonna di mezzi. Le autorità irachene avevano deciso di trasferire i prigionieri a Baghdad dopo che alcuni colpi di mortaio all’alba avevano colpito alcune basi militari a Taji. Nel nord del Paese, i jihadisti hanno invece accusato una dura sconfitta militare ad opera dei peshmerga curdi che sono riusciti a prendere il controllo di Jalawla, 115 chilometri a nordest di Baghdad, dopo lunghi scontri. Si tratta di un’ulteriore “espansione” della zona curda in terre da sempre contese agli arabi. Lo scorso giugno, le milizie curde avevano preso il controllo della città petrolifera di Kirkuk dopo che i governativi si erano arresi ai jihadisti di al-Baghdadi.
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