giovedì 28 novembre 2013
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«Bisogna «lottare per difendere questo Paese dagli attacchi esterni» e «non svuotarlo della presenza dei cristiani», perché questo «minaccia la stabilità della Siria». È durissima Maria Saadeh, architetto e oggi deputata cristiana nel Parlamento siriano, nel denunciare e condannare le ingerenze straniere sulla sua nazione che «hanno portato al punto in cui siamo», prima «strumentalizzando» e poi «facendo tacere» l’«autentica» opposizione interna, e aprendo così il campo a gruppi e gruppuscoli che oggi «appaiono del tutto fuori controllo». Arabia Saudita, Qatar, Turchia, e poi Usa, Francia: ognuno «per i suoi interessi», insiste Saadeh, che sabato accompagnerà il patriarca Gregorio Laham dal Papa.Perché questa visita, a pochi giorni dall’udienza con tutti i Patriarchi delle Chiese orientali?È stato il Patriarca a chiedere di essere ricevuto, per aggiornare il Papa sull’evoluzione della situazione in Siria.Che al momento sembra confusa come mai prima...È così. Ed è la conseguenza di quanto hanno fatto alcuni attori internazionali, in area mediorentale e non, che hanno soffiato strumentalmente sul fuoco della ribellione armando e finanziando gruppi di terroristi e mascherando il tutto come una rivolta di popolo contro il regime, sfruttando strumentalmente gli argomenti dell’opposizione interna. E tutto questo per far cadere il regime. Ma non è e non è mai stata una rivoluzione del popolo.Il governo ha però usato la mano dura. Non è stato un errore aspettare così tanto per arrivare ad accettare il tavolo dell’Onu?È naturale che ci siano stati errori, d’altra parte quello che è accaduto in Siria non era normale per nessuno, né per il governo né per l’opposizione, della quale anche io faccio parte. E tutti, nessuno escluso, hanno commesso errori. Ma per uscirne fuori bisogna riportare la crisi sul suo piano naturale, che è il confronto, il dialogo, tra il regime e le istanze dell’opposizione interna, e lasciare fuori, respingere le ingerenze esterne Quali erano queste istanze?C’è il nodo del rapporto tra governo e cittadini, c’è una classe molto povera, ci sono obiezioni sul comportamento di alcune amministrazioni del regime, c’è un problema di corruzione, la mancanza di una vera giustizia sociale. Problemi che io stesso ho subito sulla mia pelle. Ma la risposta a tutto questo non poteva essere la lotta armata. Questa l’hanno voluta altri, all’esterno, per le loro ragioni.Come se ne esce?Bisogna fermare la guerra, e fermare le ingerenze esterne. Dopodiché, a livello interno, si può cercare di risolvere le cose, e l’unica strada è un dialogo che porti il Paese alle urne.Lei è anche impegnata per aiutare la popolazione. Che cosa riuscite a fare?Io sono arrivata in Parlamento attraverso l’impegno in un’associazione di giovani, “Crediamo, vogliamo, possiamo”, impegnata contro lo sfruttamento del nostro Paese. Oggi attraverso questo abbiamo creato un movimento e un’associazione medica per distribuire aiuti alla gente. Un impegno che continua.
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