venerdì 31 agosto 2012
​Lanciata la sfida a Obama. Sul palco della Convention, per il discorso di accettazione, ha riunito per una sera le anime del partito. Strizzando l'occhio agli indipendenti. Il vice Ryan: «Con noi 12 milioni di posti di lavoro».
I temi chiave del partito repubblicano
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Nel 2008, alla fine della prima, fallimentare campagna di Mitt Romney per la nomination repubblicana, i media chiamarono l’ex governatore «emotivamente vuoto», «intellettualmente fasullo», «ideologicamente malleabile». Etichette che sono rimaste appiccicate all’aspirante presidente per quasi quattro anni, anche mentre si faceva strada a fatica nel pantano delle primarie del Grand Old Party. Ieri, alla fine del cammino che lo ha portato alla nomination, il candidato repubblicano ha provato a ridefinire la sua identità pubblica, presentandosi come la persona che vuole che l’America veda: un politico serio, metodico, affidabile, con convinzioni profonde e grandi idee per il Paese. Sul palco del Tampa Bay Times Forum di certo è salito un uomo che ha imparato molto dalla sconfitta del 2008, tanto da riuscire, questa volta, a conquistare la leadership di un partito mai così frazionato. Aver riunito le anime del Gop per un giorno non vuol dire sapere tradurle in abbastanza voti per la Casa Bianca, però, e la stessa Convention lo ha dimostrato.Il discorso di Romney è stato infatti preceduto da una sfilza di astri nascenti (o riemersi) del partito, che avrebbero dovuto preparare la strada per il climax finale del candidato ma hanno invece usato la privilegiata opportunità per lustrare la propria immagine più di quella del capo. Il governatore Chris Christie ha messo in evidenza i suoi successi in New Jersey e ha conquistato il pubblico con la sua personalità esuberante. La governatrice del New Mexico Susana Martinez ha sfidato la piattaforma anti-immigrazione del partito. L’ex segretario di Stato Condoleezza Rice ha a malapena nominato Romney, sottolineando il suo realismo in politica estera (al contrario dell’interventismo del candidato). Soprattutto, Rice è spiccata per uno spessore intellettuale non visto finora fra gli oratori di Tampa, posizionandosi come futuro leader del partito in caso di una sconfitta di Romney (ieri gli analisti politici erano già pronti a scommettere su una sua candidatura nel 2016).Persino il numero due di Romney, Paul Ryan, ha brillato per il suo stile, il suo fascino, la sua appassionata retorica anti-Obama, e il suo tono diretto nel promettere «12 milioni di posti di lavoro nei prossimi quattro anni». Ma non ha rivelato agli elettori come intende perseguire questo obiettivo. Non solo. Ryan ha rischiato di danneggiare la credibilità del ticket repubblicano insistendo in una serie di errori fattuali che ieri i media americani portavano alla luce. Come la critica ad Obama di voler tagliare 700 miliardi dall’assistenza sanitaria per gli anziani (l’Amministrazione democratica vuole risparmiare 700 miliardi riducendo i pagamenti eccessivi agli ospedali e alle assicurazioni, un’idea che Ryan ha sottoscritto in Congresso); come l’accusa al presidente in carica di non sapere cosa fare con le tasse (Obama le vuole lasciare come sono per la classe media e alzarle per i ricchi) e di aver chiuso fabbriche che abbassarono invece le saracinesche nel 2008. Ancora una volta, dunque, ieri sera Romney si è trovato da solo a definire il suo messaggio, costretto a mettere a fuoco i suoi piani per il futuro non solo di fronte agli oltre 2mila delegati, ma soprattutto ai milioni di americani incerti che decideranno l’esito della sfida con Obama fra poco più di due mesi. Dagli elettori indipendenti che vogliono essere rassicurati che la svolta a destra del partito repubblicano non si tradurrà in una presidenza estremista, alle famiglie in difficoltà che cercano rassicurazioni sul fatto che un repubblicano saprà ricreare i lavori persi durante un’Amministrazione democratica. A chiudere la serata nel segno della riconciliazione di queste anime ci ha pensato l’arcivescovo di New York e presidente della Conferenza episcopale statunitense, Timothy Dolan. Il cardinale ha offerto la sua preghiera per un Paese migliore e in armonia. Auspicio che ripeterà la prossima settimana alla kermesse democratica di Charlotte, nel North Carolina.
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