sabato 3 agosto 2013
​L'approvazione di sabato da parte della Guida suprema Ali Khamenei e il giuramento in parlamento a Teheran domenica, sanciscono l'entrata in carica del neo-presidente iraniano Hassan Rohani
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L'approvazione di sabato da parte della Guida suprema Ali Khamenei e il giuramento in parlamento a Teheran domenica, sanciscono l'entrata in carica del neo-presidente iraniano Hassan Rohani che da lunedì è chiamato a dare sostanza alle aspettative in politica estera ed interna createsi con le eco della sua fama di esponente moderato. La fine ufficiale del doppio mandato quadriennale del presidente Mahmud Ahmadinejad  è stata attesa fin dal 14 giugno, quando si sono tenute le elezioni presidenziali vinte da Rohani a sorpresa già al primo turno grazie all'appoggio di un grande vecchio della politica iraniana, Akbar Hashemi Rafsanjani, e dell'avallo dei riformistidi Mohammad Khatami, fino a due mesi fa del tutto marginalizzati in seguito alle proteste di piazza contro la rielezioni di Ahamdinejad del 2009 sospettata di brogli.  Pur senza svolte clamorose, come si è visto proprio venerdì quando ha ribadito che l'Iran continua a considerare Israele una «ferita» nel corpo del Medioriente, le dichiarazioni rilasciate da Rohani dopo le elezioni e poi anche oggi hanno confermato la fama che si era creato internazionalmente quando era capo-negoziatore sul programma nucleare sospettato di finalità militari: nel 2003 concordò con Francia, Gran Bretagna e Germania una moratoria dell'arricchimento dell'uranio, l'aspetto più pericoloso dell'atomo iraniano, e un'apertura dei siti nucleari della Repubblica islamica attraverso l'applicazione del protocollo addizionale al Trattato di non proliferazione (Tnp). L'arricchimento fu poi ripreso nel 2005 da Ahmadinejad.  A innescare le dichiarate caute speranza perfino degli Usa (ma non di Israele), sono state le promesse di Rohani su «interazioni costruttive» con il resto del mondo da realizzare «attraverso la moderazione»: un atteggiamento moderato che - almeno secondo i duri standard iraniani - Rohani ha mostrato evitando di aggiungere che la «ferita» mediorientale creata dal «regime sionista» debba essere cauterizzata facendosparire lo Stato ebraico, come invece due agenzie iraniane avevano riportato seguendo il canovaccio dall'incendiaria e sapientemente fumosa  retorica di Ahmadinejad. Rohani ha promesso anche «maggiore trasparenza» sul programma atomico ma tutti gli analisti sottolineano però che la strategia della politica estera, e soprattutto quella nucleare, rimangono nelle mani della Guida suprema ed il presidente è solo uno dei vari centri di potere che concorrono alle decisioni di Khamenei. Indiscrezioni di stampa parlano comunque di un possibile passaggio di responsabilità fra Supremo Consiglio di sicurezza nazionale, attuale responsabile tecnico delle trattative, e ministero degli esteri per quanto riguarda i negoziati nucleari con le potenze mondiali del 5+1: un cambiamento che accrescerebbe il ruolo di Rohani. Non viene escluso che la presentazione del governo, probabilmente connotato da tecnocrati vicini a Rafsanjani, avvenga presto e forse già domenica.Sul fronte interno, sono già venuti vari segnali da quella parte della società iraniana che si aspetta riparazioni anche solo simboliche per la repressione anti-riformista degli ultimi quattro anni: riapertura di strutture scomodamente troppo rumorose e per questo chiuse con varie scuse (la casa del Cinema e l'associazione dei giornalisti) e rilascio di dissidenti (primi fra tutti gli ex candidati riformisti sconfitti in maniera controversa da Ahmadinejad nel 2009: Mir Hossein Mussavi e Mehdi Karrubi dal 2001 agli arresti domiciliari.
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