martedì 25 aprile 2017
Il contadino maya Rodrigo Tot lotta da 43 anni contro le multinazionali del nichel per difendere la terra della comunità di Izabal
L'indigeno Rodrígo Tot, 60 anni (Ansa)

L'indigeno Rodrígo Tot, 60 anni (Ansa)

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«Ha guidato con forza la lotta del suo popolo per la difesa della terra. E per questo ha pagato un alto prezzo: la morte del figlio». Con queste parole, il comitato del Premio Goldman – il Nobel dell’ambiente – ha assegnato il prestigioso riconoscimento a Rodrígo Tot, indigeno guatemalteco di etnia maya Qeqchi. Il contadino e pastore evangelico di Izabal ha 60 anni: da 43 anni combatte contro le multinazionali del niquel – e i loro nelle istituzioni – che hanno messo gli occhi sui terreni della comunità, formata da 63 famiglie.

La battaglia legale

Dal 1974 al 1988, queste ultime hanno versato allo Stato l’equivalente di 600 dollari per ottenere il titolo di proprietà degli appezzamenti. Tuttavia, prima della consegna, i documenti sono scomparsi. Nel 2002, il governo di Alfonso Portillo – ora in cella negli Usa per riciclaggio – ha deciso di dare quella terra in gestione alle compagnie minerarie. Una scelta confermata nel 2014 dal presidente Otto Pérez Molina, anche lui in prigione per corruzione. Tot, nonostante le minacce e la misteriosa morte del figlio, però, non si è mai arreso e ha continuato a rivendicare i diritti dei contadini indigeni.

Attivisti nel mirino

L'America Latina è il Continente più pericoloso al mondo per gli attivisti ambientali. Tra il 2010 e il 2015, 570 ecologisti sono stati assassinati secondo i dati dell'organizzazione Global Witness. Tra le vittime anche due vincitori del Goldman. Nel marzo 2016, un commando armato ha trucidato l'honduregna Berta Cáceres. Dieci mesi dopo è toccato al messicano Isidro Baldenegro. Entrambi erano indigeni.

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