sabato 2 aprile 2016
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ROMA Il governo italiano osserva day by day ciò che sta succedendo a Tripoli. L’accelerazione nel faticoso, e ancora traballante, insediamento dell’esecutivo di unità nazionale di Fayez al-Sarraj, resta infatti la via maestra, nel rispetto della cornice di legalità fissata dall’Onu, per un intervento internazionale di sostegno alla pacificazione del Paese e al contrasto al terrorismo: «L’Italia è in prima fila, diamo una mano per consolidare presenza e consenso del governo Sarraj», fa sapere il presidente del Consiglio Matteo Renzi da Washington, nella sua ultima giornata di missione negli Usa. Per confermare l’impegno italiano, Renzi pubblica su Twitter una foto insieme al premier designato libico, ribadendo il concetto: «Sosteniamo tutti insieme lo sforzo del governo di al-Sarraj, finalmente a Tripoli». Il dialogo fra l’esecutivo italiano e il premier designato libico è quasi quotidiano. Lo segnala il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, riferendo di una telefonata di 20 minuti fra lui e Sarraj e confermando le richieste libiche di aiuti economici, non militari. E agli “interventisti” nostrani, lo stesso Renzi ripete che la linea della prudenza non cambia: «Siamo pronti a dare una mano con aiuti sociali, di formazione delle forze di polizia, di cooperazione internazionale, ma non ci alziamo una mattina e andiamo a bombardare, come vorrebbe qualcuno, dimenticando che quell’atteggiamento ha creato i problemi o- dierni», con «un errore qualche anno fa» di cui «abbiamo pagato tutti le conseguenze a lungo». Per il premier italiano «la cosa fondamentale è una Libia stabile. Il nostro obiettivo è sostenere il governo dal punto di vista sociale, economico e di aiuti». Se poi «ci sarà un intervento della comunità internazionale, nelle modalità e nei tempi giusti, noi faremo la nostra parte». Del dossier Libia si è ovviamente discusso nei pourparler fra le delegazioni estere: Gentiloni ne ha parlato col segretario americano di Stato John Kerry e il ministro degli Esteri cinese Wang Yi. «Attualmente la posizione è quella di cercare d’allargare la base di sostegno di al-Sarraj», valuta il titolare della Farnesina, conscio del fatto che «i passaggi saranno numerosi». Sul piano concreto, l’ingresso a Tripoli del neo-esecutivo non dovrebbe corrispondere per ora a un’accelerazione da parte internazionale: «Non c’è stato nessun colloquio su possibili interventi», con Barack Obama e gli altri leader, fa sapere il premier italiano, durante gli scambi di opinione nella cena di apertura del summit nucleare di Washington. E, in ogni caso, le opzioni militariste «non sono all’ordine del giorno, come sembra da alcune ricostruzioni». L’Italia «porta nei consessi internazionali una dose di equilibrio», assicura Renzi, consapevole dell’urgenza di stabilizzare l’area e di irrobustire la «lotta dura al terrorismo». Preoccupa anche il boom dei barconi di migranti (con oltre 20mila arrivi nei primi tre mesi del 2016 sulla rotta Libia-Italia), ma ciò non deve indurre a passi falsi: occorrono, ammonisce Renzi, «grande prudenza, buon senso ed equilibrio». La convinzione del premier italiano è che, coi dovuti aiuti in mezzi e addestramento, Sarraj ce la possa fare da solo e che le milizie regolari libiche, una volta pacificato il Paese, possano essere in grado di contrastare il radicamento del Daesh. Fonti della Difesa, interpellate da Avvenire, smentiscono informalmente ancora una volta le cifre circolate su un possibile “mini- contingente“ italiano in stand-by, definendo «lontanissima dal vero» l’ipotesi di 2.500-3mila militari pronti a partire: «Saranno 80-100, col compito di addestratori – concludono –, come avviene a Baghdad, in Iraq, dove un analogo numero di Carabinieri coopera alla formazione delle forze dell’ordine locali». © RIPRODUZIONE RISERVATA Il premier al vertice negli Usa Gli spiragli sull’insediamento dell’esecutivo Sarraj non «stravolgono» la linea italiana Gentiloni parla con Kerry e col ministro cinese Wang Yi. Per il leader di Palazzo Chigi «servono prudenza, buonsenso, equilibrio L’impegno è consolidare il neo-esecutivo, ma in caso d’intervento faremo la nostra parte» L’INCONTRO. Matteo Renzi e Barack Obama alla Casa Bianca (Ansa)
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