venerdì 4 settembre 2015
Su Twitter spopola l'hashtag #refugeewelcome, la petizione dell'Independent supera quota 250.000 firme. E c'è chi offre accoglienza in casa propria.
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È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, quella foto del piccolo Aylan Kurdi riverso sulla spiaggia. Ma il vaso era colmo di solidarietà. Di fronte ai tentennamenti della politica, ai vuoti proclami, agli equilibrismi delle varie ragioni di Stato, il web si conferma il luogo della gente comune. Che ragiona per luoghi comuni, ma anche con il cuore. E chiede pragmatismo.Chi è disposto a condividere il tetto con un migrante? Non sarà la soluzione ai problemi del mondo, ma perlomeno è un gesto concreto. In Germania c'è un sito (www.refugees-welcome.net) che mette in contatto chi offre un posto letto con i profughi diretti in quella città, segnalati dalle Ong autorizzate. La stessa organizzazione si attiva a cercare contributi per l'affitto. Sul sito vengono proposte diverse opzioni, tra cui microdonazioni, una sorta di "sostegno a distanza".

Non hai spazio in casa? Puoi sempre offrirti come insegnante di lingua o baby-sitter. Sempre attraverso il sito. L'iniziativa è nata a Berlino ma si rivolge anche all'Austria e a chiunque intenda farsi avanti. Il sito è anche in inglese e offerte arrivano persino dall'Islanda.Un'analoga organizzazione irlandese, Uplift, in poche ore ha raccolto 6.000 offerte di posti letto per profughi. Anche il cantante Bob Geldof (negli anni 80 legò il suo nome al Live Aid) ha promesso che ospiterà 4 famiglie: 3 nella villa del Kent e una nella sua casa di Londra.L'hashtag #refugeewelcome spopola su Twitter. Qualcuno potrà dire che non serve a molto: lo direbbero anche delle costose campagne istituzionali di sensibilizzazione?Che dire infine della petizione online lanciata da The Independent, il quotidiano britannico che ha lanciato la pietra dello scandalo pubblicando la foto del piccolo siriano? In due giorni sono state raccolte 250.000 adesioni per chiedere al premier Cameron che Londra accetti la sua quota di profughi..

Certamente l'ondata di solidarietà online non trova tutti d'accordo. E molti accusano la Rete di controproducente buonismo, che dà alla società civile, a un individuo o a un gruppo, l'illusione di poter risolvere un problema mondiale. È il caso, nel Regno Unito, del quotidiano The Telegraph, il quale prende atto del fenomeno sia pure per contestarlo. Ecco il video che pubblica sul suo sito.
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