sabato 15 dicembre 2012
Al via oggi il primo turno del Voto sulla Costituzione. Tra le giornata odierna e sabato 22 dicembre 50 milioni di persone andranno alle urne. Un doppio turno che si è reso necessario dopo il rifiuto di molti magistrati chiamati a presiedere i seggi. Alta tensione e incidenti ad Alessandria. Appello del patriarca Tawardos II ai copti: «Non rinunciate al diritto di esprimere liberamente le opinioni».
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​Duecentotrentasei articoli per una “Magna charta” che una parte dell’Egitto considera ambigua, «troppo scivolosa verso i principi dell’Islam», e su misura per una sua deriva autoritaria. Già all’articolo 2 nascono i problemi: «L’islam è la religione di Stato e l’arabo la sua lingua ufficiale. I principi della Sharia costituiscono la principale fonte legislativa». Poi se ne aggiungono altri. Dalla poco chiara tutela dei diritti umani, ai doveri nella vita familiare, dal lavoro minorile ai matrimoni precoci, la tutela della libertà d’espressione e la blasfemia, sono alcuni dei punti poco chiari che emergono da una Costituzione che gli egiziani sono chiamati a ratificare, e che è già stata sporcata dal sangue dei troppi morti di piazza di questi giorni. Le voci che invece sostengono le cinquanta pagine approvate dall’Assemblea costituente il 29 novembre, sicuramente troppo velocemente rispetto ai tempi previsti e dopo che le opposizioni al presidente Mohammed Morsi, sostenuto dal fronte islamico, avevano abbandonato i lavori per protesta, accusano chi vi si oppone come «agenti di potenze straniere», «apostati», e per vincere il voto vanno alla ricerca del consenso polarizzando gli egiziani sulla base dell’appartenenza religiosa.Le urne per il referendum costituzionale egiziano si aprono questa mattina e più di 50 milioni sono in tutto gli elettori chiamati ad esprimersi con un «sì» o con un «no». Lo faranno con un doppio turno, tornando alle urne la prossima settimana, sabato 22 dicembre. Un voto in due tempi a causa dell’altissimo numero di magistrati che, anche loro per protesta, hanno deciso di boicottare la supervisione ai seggi: «È una Costituzione che contiene attacchi alla giustizia e riduce i poteri della magistratura». A votare oggi saranno gli elettori del Cairo, Alessandria, Assiut, Aswan e Sinai. Mentre sabato 22 toccherà alle città del delta, del Mar Rosso, Suez, Port Said, Luxor, Ismailyia e Giza, che fa parte della grande Cairo. Gli egiziani residenti all’estero hanno già scelto l’altro ieri.L’Egitto è un Paese spezzato in due. Da una parte le opposizioni anti-Morsi. Il “Fronte di salvezza nazionale”, un movimento laico, liberale, progressista e nazionalista, di giovani, e cristiani, compatto nel votare «no» a una «Costituzione che mente».Dall’altra i Fratelli musulmani, il partito di Morsi, e il movimento islamista salafita alleato di governo con una capacità organizzativa e di richiamo popolare che non ha eguali in ogni più sperduto angolo dell’Egitto, quando dal minareto si fa sentire la voce del muezzin. Come è stato ieri in alcune moschee durante il sermone della preghiera islamica del venerdì: «Ricordatevi che sarà Allah a giudicare la scelta che farete nelle urne». Il nuovo patriarca Tawadros II della chiesa copto-ortodossa si è appellato agli egiziani affinché si rechino al voto: «Per esercitare i loro diritti ed esprimere le proprie opinioni».La tensione ieri è esplosa al termine della preghiera nella moschea al Qaeda al Ibrahim ad Alessandria. Il clima rovente si è trasformato in scontro e sassaiole tra sostenitori e oppositori di Mohammed Morsi. Una decina le persone ferite.Per garantire la sicurezza nel Paese sono stati dispiegati 130mila poliziotti anti-sommossa già nelle strade, e 120mila militari, con pieni poteri di polizia. In alcune zone calde sono ricomparsi gli autoblindo. Al Cairo, le ultime manifestazioni pro o contro referendum sono proseguite fino a notte fonda. Per impedire contanti diretti e scintille di guerra le piazze sono state tenute lontane. Gli islamici radunati davanti alla moschea di Rabaa al Adawiya, nel quartiere di Nasr city. Il “Fronte di salvezza” ha invece puntato su Ittahadeya, il palazzo presidenziale e la più nota piazza Tahrir. Si dà per scontata una vittoria del «si». Anche se non si escludono sorprese: il malcontento è grande e diffuso. Il presidente Mohammed Morsi ha promesso tante cose, ne ha mantenute una manciata. Come è andrà a finire, lo sapremo a fine mese.
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