giovedì 3 novembre 2011
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"La sentenza della Corte di Strasburgo dichiara illegittima la fecondazione artificiale eterologa". Questo il primo commento di Lucio Romano, copresidente nazionale dell'Associazione Scienza & Vita, alla sentenza della 'Grand Chambrè di Strasburgo che stabilisce che il divieto di fecondazione eterologa non viola la Convenzione europea dei Diritti dell'uomo. "Nella fattispecie - continua Romano - il divieto di fecondazione eterologa pone le sue basi sulla necessità di tenere conto che la 'dissociazionè di maternità e di paternità, propria della tecnica, crea dei rapporti deltutto diversi rispetto a quelli che si determinano con l'adozione. La Corte evidenzia, quindi, in manierainequivocabile la prevalenza di un principio fondamentale del diritto: la certezza dell'identità genitoriale". Secondo Romano "ancora una volta, nel giro di pochi giorni, dopo la recente sentenza sulla non brevettabilità degli embrioni, un organismo internazionale si pronuncia con chiarezza su temi eticamente sensibili e con argomentazioni rigorosamente laiche. I giudici hanno ribadito che non tutto ciò che è scientificamentepossibile è anche eticamente lecito"."La sentenza con cui la Corte Europea per i diritti dell'Uomo ha riconosciuto la legittimità del divieto di eterologa della legge austriaca, è l'ennesima conferma della saggezza e lungimiranza della nostra legge 40. Il governo italiano insieme a quello tedesco ha voluto affiancare l'Austria nel ricorso, per ribadire l'autonomia dei singoli stati europei in ambiti tanto delicati, sia dal punto di vista etico che da quello medico e sociale". È quanto dichiara il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella, a proposito della sentenza della Corte Europea dei diritti dell'Uomo di Strasburgo sulla fecondazione in vitro."Soddisfazione per l'odierna decisione della Corte Europea, che riconosce agli Stati la libertà di vietare la fecondazione eterologa" viene espressa da Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita, intervenuto nel processo a sostegno dell'Austria, ricordando di aver "inviato ai giudici una memoria, anche a nome di un folto gruppo di parlamentari europei, i cui argomenti si ritrovano nella sentenza".
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