martedì 29 marzo 2022
Nell’anno che avrebbe dovuto segnare l’uscita dal Covid i conflitti si sono inaspriti. Forti ricadute sulla libertà di espressione: «Esemplare la persecuzione di Navalny in Russia»
Miliziani Houti durante una sfilata a Sanaa, capitale delle Yemen

Miliziani Houti durante una sfilata a Sanaa, capitale delle Yemen - Ansa

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«In ben pochi casi la necessaria risposta internazionale è arrivata», anzi nel 2021 – l’anno indicato da tutti come quello della ricostruzione post Covid-19 – i conflitti «si sono allargati e, di allargamento in allargamento, il loro impatto è peggiorato». Così, sottolinea la segretaria di Amnesty International, Agnès Callamard «si sono aperti nuovi scenari di guerra, sono state sperimentate nuove armi, ci sono stati altri morti e feriti».
La presentazione del Rapporto 2020-21 sulla Situazione dei diritti umani dedica non poche pagine alle guerre dimenticate e alle diseguaglianze e violazioni dei diritti da esse determinate. Una sorta di “introduzione ragionata” alle motivazioni di crisi internazionali come quella in Ucraina. Nel 2021, sottolinea Amnesty International, nuovi e irrisolti conflitti sono scoppiati o sono proseguiti in Afghanistan, Burkina Faso, Etiopia, Israele-Territori palestinesi occupati, Libia, Myanmar e Yemen: tutti gli attori in questi casi hanno violato il diritto umanitario e i diritti umani con milioni di persone sfollate, migliaia di morti, mentre centinaia di persone «sono state sottoposte a violenza sessuale e sistemi economici e sanitari già fragili sono collassati». Crisi che hanno provocato instabilità e devastazione, evidenziando l’incapacità del mondo di affrontare il moltiplicarsi di conflitti: «L’inefficacia della risposta internazionale – sostiene Amnesty – è stata resa ancora più evidente dalla paralisi del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che non ha agito sulle atrocità in Myanmar, sulle violazioni dei diritti umani in Afghanistan e sui crimini di guerra in Siria». Una «vergognosa mancanza d’azione», la «paralisi degli organismi multilaterali» e la «mancata assunzione di responsabilità delle potenze», secondo l’Ong, «hanno contribuito a spalancare la porta all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, che ha violato nel modo più evidente il diritto internazionale».
Nel 2021 slogan tipo «ricostruiremo un mondo migliore» sono diventati come un mantra che avrebbe dovuto guidare l’uscita dalla pandemia da Covid, ma nella realtà l’anno passato «è diventato un incubatore di disuguaglianze e instabilità sempre maggiori», che secondo l’Ong avranno ripercussioni «per il decennio a venire». Promesse di un «reset globale» dell’economia, di una «comune agenda» per arginare gli abusi e per una ripresa ambientale sostenibile sono state disattese mentre le «disuguaglianze sistemiche» evidenziate dalla pandemia sono state «ulteriormente consolidate» si legge nel rapporto presentato lunedì a Roma nella sua edizione italiana e in contemporanea a Johannesburg per l’edizione internazionale.
Tutto questo ha avuto forti ricadute sulla libertà di pensiero e di espressione con una forte tendenza a stroncare voci critiche e indipendenti. In Russia, ha sottolineato il portavoce di Amnesty International Riccardo Noury, la sempre più marcata repressione del dissenso è stata esemplificata dalla persecuzione di Alekseij Navalny» condannato al carcere mentre le espressioni di società civile che ruotavano attorno a lui «sono state ridotte al silenzio».

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