sabato 19 marzo 2022
Frédéric Encel, docente a Sciences Po di Parigi: il piano di pace in 15 punti è «pragmatico», ma se si firmasse oggi «per Mosca sarebbe una vittoria di Pirro, esulterebbe solo Zelensky»
Un palazzo di Kiev danneggiato dai bombnardamenti russi

Un palazzo di Kiev danneggiato dai bombnardamenti russi - Ansa

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«Non siamo al culmine di questa crisi, che rischia di proseguire per settimane, perché Putin non ha raggiunto i suoi obiettivi». A temerlo è il noto esperto francese Frédéric Encel, docente a Parigi a Sciences Po e autore in questi anni di numerosi saggi di geopolitica.
Che cosa pensa del piano di pace in 15 punti?
È molto pragmatico, nel senso che riflette una visione dei rapporti di forza in campo, ma non verrà necessariamente accettato.
Un’eventuale neutralità ucraina è credibile?
Per Putin, si tratterebbe di una via d’uscita eventualmente accettabile, anche perché la Russia in ogni caso non ha i mezzi per assorbire anche solo una parte dell’Ucraina. Putin potrebbe vantarsi, in casa, d’una vittoria. Da parte sua, la Nato non potrà imporre una “no fly zone”, né integrare l’Ucraina senza rischiare seriamente la guerra aperta.
La Ue è lasciata fuori...
È un punto chiave molto problematico. Nuovamente, delle potenze esterne all’Europa rischiano di decidere in Europa. Il che, almeno, mostra la sensatezza di chi invoca un potenziamento dell’Ue.


La Turchia si mostra attiva. Ma potrà pesare?
No, perché Erdogan cerca in realtà di mascherare i suoi fallimenti alle frontiere. La Nato attuale, con il nuovo corso di Biden, non lascerà libertà d’azione ai turchi.
Chi è avvantaggiato dai tempi che si allungano?
Se la situazione si congelasse oggi, ci troveremmo con una vittoria di Pirro russa. Mosca ha conquistato dei territori, ma se consideriamo che è responsabile della guerra, accanto ai rapporti di forza iniziali e agli obiettivi russi, si tratterebbe d’una sconfitta, anche perché emergono le grosse lacune militari russe. Per gli ucraini, sarebbe invece una grossa vittoria per Zelensky, anche come tappa per consolidare la coscienza nazionale.
La resistenza ucraina l’ha stupita?
Sì, perché l’Ucraina mi sembrava ancora in pieno cantiere. Come altri, sottovalutavo la profondità della sua coesione.
Washington gioca una partizione prevedibile?
Formalmente sì, ma in sottofondo Biden si mostra abile, perché sta riuscendo ad attirare l’attenzione di tanti Paesi europei verso il ruolo della Nato.
E la Cina?
È il Paese più imbarazzato. Pechino difende il principio della sovranità degli Stati e non può avallare l’invasione russa. Inoltre, le manovre di Putin sono per i cinesi un disastro in chiave economica, perché la crescita cinese ne uscirà indebolita. Pechino continua così ad inviare brutti segnali per Putin. I cinesi sono insoddisfatti e la loro pazienza si esaurirà presto. Se il tempo gioca contro Mosca, è soprattutto per questo, ben più che per le sanzioni.
Le sanzioni anti-russe non risulteranno decisive?
No, perché Putin scaricherà il peso della crisi sulla popolazione. Mosca ha pure organizzato da tempo dei trasferimenti tecnologici in Cina e inoltre venderà di più a Cina ed India. Le sanzioni erano necessarie, ma non saranno determinanti, perché Cina e India non vi aderiranno.
C’è un rischio di stallo?
Sì, perché la Nato non può fare molto altro, a parte schierare eventualmente dei bombardieri strategici in Polonia e Romania. L’Ue, invece, non spingerà le sanzioni fino all’embargo, perché Berlino è contro. In entrambi i casi, sarebbero iniziative estreme. Le ultime, insomma, prima di una guerra aperta.
Teme rischi a livello atomico?
No, perché Putin è un imperialista e revanscista, ma non un leader con idee apocalittiche. Mi pare, al momento, l’unico punto su cui possiamo essere ottimisti. La Russia resta in piedi e non ha ragioni di sprofondare in crisi paranoiche.
Intravede altri rischi?
Quello di nuove offensive russe su altri confini, dalla Moldavia all’Asia centrale, compreso l’Artico, accanto al dispiegamento di nuovi mezzi per nuocere pure in Africa, come mercenari e cyberattacchi, oltre a un prolungamento della strategia della tensione verso l’Europa.

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