venerdì 22 aprile 2022
Le associazioni si sono mobilitate fin dai primi giorni del conflitto. Lav: «Gli sfollati ci esprimono gratitudine per questo aiuto inaspettato». Fondazione Cave Canem: «Attivo un ponte di aiuti»
I profughi lasciano Kiev in treno. Tenendosi ben stretti i loro animali

I profughi lasciano Kiev in treno. Tenendosi ben stretti i loro animali - Ansa

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Ci sono gli animali che lasciano il Paese con le loro famiglie e quelli rimasti senza più nessuno. Ci sono gli animali fermi ai confini, gli animali bloccati nei rifugi. E ci sono gli animali salvati – centinaia, fino a qui – perché la guerra in Ucraina è la prima guerra nella storia in cui l’umanità di chi fugge dalla disumanità emerge anche nella forza con cui i profughi si tengono stretti cani, gatti, criceti, conigli.

Le associazioni animaliste si sono attivate subito per assistere, assieme agli sfollati, anche i loro amici a quattro zampe. Fin dai primi giorni di marzo Lav ha organizzato punti dedicati nei centri di prima accoglienza ai confini – in Polonia, in Ungheria, in Slovacchia – dove gli animali arrivavano stremati e sotto choc esattamente come i loro umani. Con la complicazione in più che nessuno poteva spiegare loro che forse c’era una possibilità, un futuro senza i rumori delle bombe e l’odore del sangue. «Gli ucraini ci hanno espresso una particolare gratitudine – racconta Beatrice Rezzaghi, responsabile dell’unità di emergenza di Lav – perché abbiamo messo a disposizione un aiuto che non si aspettavano. Erano tutti preoccupati anche per i loro piccoli amici: se ne sono andati in fretta, prendendo poche cose, e vedersi consegnare cibo per loro, medicinali specifici, antiparassitari, è stato un sollievo».

All’inizio della guerra Rezzaghi è entrata in Ucraina con un team dell’associazione per portare via quanti più animali possibile. Hanno messo in salvo 45 cani. Dal 21 marzo non è stato più possibile farlo perché il Ministero della Salute ha varato una normativa – motivata con la prevenzione della rabbia – che impedisce il trasferimento dall’Ucraina all’Italia di animali non accompagnati (i randagi o quelli presenti nei rifugi). Lav si è dunque organizzata con una rete di associazioni locali per predisporre interventi a lungo termine. «Ci coordiniamo con i volontari sul posto – conclude Rezzaghi –: ragazzi che a volte rischiano la loro vita per fare la spola con gli animali tra le aree sottoposte a raid massicci e le zone relativamente più sicure».

Tra chi ha scelto di restare ci sono anche tanti veterinari che cercano ogni giorno di curare gli animali rimasti feriti nei bombardamenti o quelli ammalati. Fondazione Cave Canem è a loro fianco dal secondo giorno dell’invasione. La Onlus opera in due direzioni: mandando aiuti verso l’Ucraina e organizzando qui l’accoglienza per gli animali fuggiti insieme alle loro famiglie. «Una nostra operatrice, Anastasiya Bondar, è ucraina – spiega la vicepresidente della Fondazione Cave Canem, Federica Faiella – e con lei siamo riusciti a organizzare in tempi rapidissimi un ponte di aiuto». La Fondazione ha definito il piano di interventi con la “Ukrainian Small Animal Veterinary Association” (l’ordine dei veterinari del Paese), che ha stilato un elenco delle necessità più immediate. I carichi – uno è già arrivato, tre sono in partenza – sono stati spediti a Bucarest e da lì introdotti in Ucraina. «In alcune zone i veterinari non possono più operare – continua Faiella –. Spostano gli animali nei rifugi ancora aperti per fare il possibile da lì. Ci sono veterinari che si organizzano anche a casa loro». Con l’arrivo del caldo c’è poi il rischio che si diffondano zoonosi pericolose non solo per gli animali ma anche per gli umani. Per questo Cave Canem ha deciso di mandare forniture di antiparassitari. Quanto agli animali fuggiti con i loro proprietari, «molti hanno passato settimane intere nei rifugi, al buio – sottolinea Faiella –. Quando arrivano, se le famiglie vengono ospitate nei centri della Protezione civile o di altri enti di assistenza, noi ci incarichiamo di offrire un posto sicuro per i loro cani, aiutandoli nel recupero. Poi procediamo con il ricongiungimento». Il momento in cui diventa forse più facile, per tutti, capire che un futuro, uno buono, c’è.

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