giovedì 2 maggio 2013
Decine di migliaia di lavoratori in Bangladesh hanno celebrato il Primo Maggio ricordando la tragedia del palazzo "Rana Plaza" crollato otto giorni fa uccidendo oltre 400 persone, in maggior parte operai tessili. «Protestiamo per i lavoratori che sono stati uccisi dal crollo, chiediamo che il proprietario dell’edificio venga condannato alla pena di morte».
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In Bangladesh è il via-vai dei volontari, che hanno portato un’altra ventina di corpi nelle ultime ore e hanno preparato le fosse per altri ottanta, a rappresentare un primo maggio di forte tensione sulle condizioni del lavoro. Sono ancora quasi centocinquanta i dispersi del Rana Plaza, l’edificio abusivo di otto piani alle porte di Dhaka che ospitava cinque aziende tessili.Il crollo della settimana scorsa segue di pochi mesi l’incendio di un’altra fabbrica, nella quale morirono oltre cento operai.

Un Primo Maggio segnato dal dolore, in Bangladesh, dove non si è ancora spenta l’eco del crollo di un palazzo che ospitava diverse fabbriche tessili costato la vita a oltre 400 operai.

Nel corteo che ha attraversato la capitale Dacca molti cartelli chiedevano la fine della schiavitù: le vittime del crollo producevano per un salario da fame abiti per le grandi marche mondiali: da Benetton a Gap, da WalMart a Mango.

“Celebriamo il Primo maggio con la tristezza per quello che è accaduto pochi giorni fa”, spiega un leader sindacale. “Protestiamo per i lavoratori che sono stati uccisi dal crollo, chiediamo che il proprietario dell’edificio venga condannato alla pena di morte. Dovrebbe venire impiccato e dovrebbero venire stabiliti dei risarcimenti per le vittime e i loro familiari”.

La fabbrica, che continuava a operare nonostante le numerose crepe nella struttura, produceva capi di vestiario per molte marche vendute in tutto il mondo.La tragedia, secondo molte associazioni, mette in causa le politiche aggressive delle multinazionali che sfruttano il lavoro a basso costo in paesi come il Bangladesh. La Commissione europea ha fatto sapere di star valutando azioni commerciali contro il Bangladesh.
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