sabato 15 dicembre 2018
Va a chiudere i battenti senza risultati significativi il vertice di Katowice sul riscaldamento globale. Trattative a oltranza. L'Italia tra i 40 Paesi della «Coalizione per ambizioni più alte»
Ragazzi polacchi manifestano perché si giunga a un accordo sul clima (Ansa)

Ragazzi polacchi manifestano perché si giunga a un accordo sul clima (Ansa)

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La Cop24 di Katowice giunta ieri ufficialmente al giorno di chiusura sarà ricordata come il capolinea dell’era dei formalismi negoziali infruttuosi in campo ambientale? In dirittura d’arrivo della Conferenza mondiale sul clima, segnata dal nervosismo palpabile mostrato da tante Ong, certi segnali convergevano in questo senso. In mezzo alle pressioni delle società civili, diversi ministri e delegati presenti in Polonia hanno espresso la voglia di provare a negoziare fino all’ultimo accordi più incisivi, prolungando quanto più possibile il rush finale, dopo giorni in cui erano apparse ancora una volta le difficoltà del dialogo intergovernativo, chiamato a sfornare a Katowice i regolamenti attuativi dell’Accordo di Parigi del 2015.

La nuova versione di bozza d’accordo consegnata giovedì sera ai delegati rifletteva ancora certe divisioni persistenti su punti chiave, come gli sforzi nazionali di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e i finanziamenti internazionali del mondo ricco verso i Paesi più a rischio e già spesso vittime di catastrofi ambientali. Da più parti, si sono invocate «regole credibili», ma a frenare a più riprese le trattative è stata principalmente la cordata dei Paesi riluttanti ad abbandonare l’economia dei combustibili fossili, guidata dal trio composto da Stati Uniti, Arabia Saudita e Russia.

Fino all’ultimo, alcuni Paesi confidavano nella possibilità di passi in avanti e di un accordo comunque significativo. Come l’Italia, che ha aderito con un’altra quarantina di nazioni alla «Coalizione per ambizioni più alte» per il contenimento dell’aumento delle temperature a 1,5 gradi. Rimasto in Polonia fino a giovedì, il ministro Sergio Costa ha dichiarato ieri a Roma: «Questa notte si è negoziato e si lavora ancora. Oggi, avremo la nuova sintesi della presidenza. L’auspicio è di chiudere fra sabato e domenica». Ma lo stesso ministro, a proposito del contesto del vertice, aveva comunque già affermato che il vertice polacco non rappresenterà una «pietra miliare» della diplomazia climatica.

Le vecchie buone maniere della diplomazia multilaterale sono davvero ancora uno strumento efficace per risolvere una simile somma di questioni estremamente complesse e al contempo d’ordine semplicemente esistenziale per i Paesi più minacciati, a cominciare dagli Stati insulari oceanici? A Katowice, se lo sono davvero chiesti in tanti, non solo fra le associazioni ambientaliste. Anche perché, quando si guarda ai giochi attuali fra gli Stati, i paradossi abbondano: la leadership tecnologica dell’economia “verde” e delle fonti rinnovabili, ad esempio, tende a spostarsi verso il Paese che inquina ancora di più al mondo, la Cina; mentre il governo della potenza leader dell’Occidente, che ospita sul proprio territorio le Nazioni Unite, gioca il ruolo del bastian contrario. Senza dimenticare l’attaccamento al carbone manifestato a più riprese dalla Polonia organizzatrice della Cop24: una posizione che ha non poco contrariato la speranza di un’Unione Europea davvero capace di assumere un ruolo di ago della bilancia della diplomazia climatica.

Mercoledì, il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, era tornato alla carica con un duro monito: «Un fallimento qui a Katowice invierebbe un messaggio disastroso a coloro che sono pronti a passare all’economia verde». Nessuno può più tirarsi fuori, ha martellato in sostanza l’ex premier portoghese: «Dobbiamo trovare una formula che metta in equilibrio le responsabilità di tutti i Paesi». Ma ieri, c’era già chi pensava al futuro, con l’Italia fra l’altro ufficialmente candidata ad ospitare la Cop26.

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