giovedì 31 marzo 2016
COMMENTA E CONDIVIDI
I l “disgelo” è partito dal basket. Il leader di Podemos, Pablo Iglesias, ha regalato al segretario socialista Pedro Sánchez un libro sullo sport di cui entrambi sono appassionati. Nella prima pagina, la dedica: «Partiamo da ciò che ci unisce». La frase è il filo rosso dei negoziati che, da ieri, impegnano i due per arrivare alla formazione di un governo a 102 giorni dalle elezioni. Finora Podemos aveva adottato una posizione intransigente nei confronti di qualunque coalizione che oltrepassasse i confini della “sinistra”. In particolare, Iglesias rifiutava l’accordo tra il partito socialista (Psoe) e i liberali di Ciudadanos. La coalizione dei “161” – il numero dei deputati delle quattro forze progressiste: Psoe, Podemos, Izquierda Unida e Compromís – formalmente resta ancora l’obiettivo degli ex indignados. Questi ultimi, però, si sono ammorbiditi. Non solo Iglesias ha rinunciato ad entrare nel governo per non creare “imbarazzi”. Podemos ha riconosciuto il patto tra Sánchez e Ciudadanos, aprendo alla possibilità di un appoggio esterno di quest’ultimo ai 161, necessario per raggiungere la maggioranza di 176 seggi. Il Psoe, da parte sua, rilancia l’opzione dei 199: una coalizione che includa anche i parlamentari di Ciudadanos. In pratica, solo il Partito popolare (Pp) resterebbe fuori. La distanza tra le due alternative – e di conseguenza tra Sánchez e Iglesias – sembra, però, accorciarsi in questa nuova fase negoziale. Il tempo per formare un governo, stringe: i partiti hanno tempo fino al 2 maggio per trovare la soluzione al rebus delle alleanze. In caso contrario si tornerà alle urne. Un’eventualità di cui i cittadini potrebbero accusare l’intransigenza di Podemos. Da qui l’alleggerimento di quest’ultimo. E l’impegno a un incontro a tre, con Psoe e Ciudadanos, per fare il punto. © RIPRODUZIO NE RISERVATA Pedro Sánchez e Pablo Iglesias (Epa)
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: