mercoledì 7 dicembre 2016
Negli ultimi mesi si sono intensificati gli assalti dei «topi d'acqua»: i malviventi attaccano le imbarcazioni sul Rio delle Amazzoni per rubare. A fare gola è soprattutto la benzina
Il Rio delle Amazzoni

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La gente li chiama “topi d’acqua”. La polizia preferise parlare di “pirati”. E, di solito, attaccano dopo il tramonto. Per questo, da qualche mese, i battelli evitano di viaggiare la notte sul Rio delle Amazzoni. Dal 2010, la popolazione è aumentata del 22 per cento nella regione, raggiungendo l’attuale quota di 25 milioni. Di conseguenza, il traffico fluviale s’è intensificato mentre la presenza delle autorità è rimasta debole. Del vuoto approfittano i pirati: bande locali che assaltano le imbarcazioni e rubano le merci. In particolare la benzina, facile da rivendere alle migliaia e migliaia di minatori d’oro clandestini nascosti nella foresta.

Escalation di violenza

Nei blitz, spesso, sono coinvolti anche i passeggeri. Da ottobre c’è stata un’escalation di violenza: alcuni viaggiatori sono stati selvaggiamente pestati, tre sono stati uccisi. L’incremento della brutalità ¬– secondo gli inquirenti - è dovuto a un legame più stretto con i clan del narcotraffico. La polizia locale ha chiesto l’istituzione di un’unita specializzata nel contrasto alla pirateria. Finora, però, la petizione non ha avuto risposta. Compagnie di navigazione e passeggeri, dunque, si difendono come possono. Evitare tratte notturne, trasportare piccole quantità, ricorrere a guardie giurate sono i sistemi più diffusi. “Che cos’altro possiamo fare? L’Amazzonia è una terra senza legge”, sbotta il capitano Merinaldo Paiva.

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